L’ Atalanta ha conquistato una vittoria che vale molto più dei tre punti. Il 4-1 sul Lecce ha il sapore di una ripartenza, perché è arrivato dopo un avvio di campionato che aveva generato più dubbi che certezze, e perché è arrivato al termine di una gara giocata in un contesto reso ancor più complicato dalle assenze di Scamacca e Lookman. La partita, tuttavia, non ha seguito un copione lineare, ma ha attraversato momenti contrastanti in cui l’Atalanta ha dovuto misurarsi con le proprie fragilità, cedendo campo e iniziativa a un Lecce ordinato e coraggioso, prima di riuscire a trovare nella ripresa la lucidità e l’intensità necessarie per imporsi. Il primo tempo ha di fatto ricalcato i limiti delle uscite precedenti: ritmo basso, poca precisione, difficoltà a consolidare la manovra offensiva. È sembrato quasi un film già visto. La ripresa ha invece segnato un cambio di passo netto. De Ketelaere ha assunto il ruolo di leader tecnico, Krstović ha dato profondità e presenza, Zalewski (anche grazie ad un Kamaldeen più preciso ed in partita rispetto ai primi 45 minuti) ha trovato continuità sulla corsia. Alzando i ritmi e pressando con più convinzione, la squadra di Juric ha imposto il proprio gioco, costruendo e concretizzando con decisione. Per una ventina di minuti si è rivista l’Atalanta di gasperiniana memoria.
La partita si era trascinata fino all’intervallo su ritmi bassi, con una circolazione prevedibile e molte verticalizzazioni affrettate. il Lecce aveva così potuto alzare la testa, occupare campo e forzare i nerazzurri a difendersi più bassi del previsto. Dopo la pausa è cambiato tutto per tre ragioni che si sono alimentate a vicenda: intensità collettiva, centralità tecnica di Charles De Ketelaere, e una struttura offensiva più diretta e profonda.