D opo aver analizzato nella prima parte della nostra analisi i principi difensivi di Palladino, ci spostiamo ora sulla fase di possesso, il vero motore del suo gioco, fatto di costruzione ragionata, ampiezza, rotazioni e controllo, e su altre situazioni tattiche, così da avere un quadro ancor più dettagliato e preciso del nuovo tecnico nerazzurro. Nel calcio di Palladino la rifinitura è una questione di geometrie e di pazienza. Non è mai un gesto impulsivo, ma il frutto di un ordine collettivo che prepara l’apertura dello spazio. I due trequartisti, sistemati negli half-spaces (mezzi spazi), rappresentano il vero motore della sua fase offensiva. Non sono ali pure né mezze punte tradizionali, ma elementi ibridi, chiamati a muoversi tra le linee, a leggere i vuoti e a dare profondità ai fraseggi. Nel Monza come nella Fiorentina, questa zona intermedia del campo è diventata il cuore della sua idea di attacco. Qui nasce il ritmo, qui si decide la velocità del possesso e la qualità dell’ultimo passaggio. In quest’ottica sarà interessante vedere come Palladino saprà impiegare gli esterni offensivi nerazzurri a sua disposizione, che hanno caratteristiche diverse rispetto al suo codice di gioco. Quando la palla scivola verso una corsia, Palladino vuole che uno dei trequartisti venga incontro per legare il gioco, mentre l’altro si muove in profondità, occupando lo spazio tra centrale e terzino avversario. È un principio semplice ma estremamente efficace, perché costringe la difesa rivale compiere una scelta: uscire e lasciare la linea sguarnita, o restare e concedere libertà tra le linee. Questa doppia minaccia, orchestrata con sincronismi, ha reso il suo calcio difficile da leggere e ancora più difficile da difendere.