Verona-Atalanta 3-1, match analysis. Un ko sotto ogni aspetto, ma uno pesa più di tutti: è tornata la squadra senza identità

scheda. La match analysis di Gianluca Besana

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A Verona l’Atalanta cercava la partita che potesse accendere definitivamente la sua stagione, quella in grado di dare continuità ai progressi dell’ultimo mese e di avviare la rimonta tanto invocata verso le prime posizioni. La trasferta del Bentegodi ha fatto registrare invece un brusco stop, un risultato che costringerà la squadra di Palladino a ricalibrare le proprie ambizioni e a fare i conti con un percorso tutt’altro che lineare. Come accade spesso alle squadre che affrontano cambi tecnici, la risalita non procede mai in modo immediato ma attraverso oscillazioni continue. La sconfitta di Verona si è inserita esattamente dentro questa dinamica. Un inciampo pesante, arrivato nel momento in cui l’Atalanta sperava di aver intrapreso un percorso virtuoso.

Il Verona è sceso in campo con il consueto 3-5-2, confermando una struttura resa obbligata dalle assenze e dalla necessità di proteggere il centro. Montipò ha guidato una linea formata da Núñez, Nelsson e Valentini, trio che ha garantito fisicità ma in teoria, poca pulizia nelle uscite palla. A centrocampo Al-Musrati ha svolto il compito di regista basso e di schermo dei centrali nerazzurri, con Bernède mezzala destra incaricata delle corse aggressive e Niasse più vicino alla zona centrale per coprire. Sulle fasce Frese e Belghali hanno svolto un lavoro diverso. Il primo più prudente, il secondo unico vero sbocco offensivo per accompagnare le verticalizzazioni. Davanti Mosquera e Giovane hanno rappresentato un attacco fondato esclusivamente sulla ricerca immediata della profondità.