Atalanta e Ajax, 1973-2010. Vianello qua, Cruijff là: serie B e Champions. 47 anni dopo la distanza è azzerata

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P er molte generazioni un viaggio ad Amsterdam ha significato, specie se affrontato in gioventù, una fuga verso l’Europa più libertina, uno slancio alternativo, persino qualcosa di vagamente peccaminoso. I musei più bizzarri, i coffe-shop dove tutto si fuma meno che il tabacco, il quartiere a luci rosse attraevano tanto quanto le tele ben conservate di Rembrandt e Van Gogh. Chi poi vi si fosse recato a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, oltre che ai vari movimenti giovanili, avrebbe avuto il grande privilegio di assistere alla nascita degli hippies del calcio, uno dei fenomeni sportivi più incredibili di tutti i tempi, l’ascesa ai vertici del calcio mondiale dell’Ajax Football Club. Siamo nel 1965 quando Rinus Michels arriva sulla panchina della capitale: partito per salvare la squadra dalla retrocessione, portò i lancieri di Amsterdam alla vittoria di 4 scudetti consecutivi. Grazie alle sue idee e ai metodi innovativi, in Olanda si comincia a parlare di professionismo avendo imposto il tecnico allenamenti di grande dispendio fisico e mentale che non potevano coesistere con un secondo lavoro come veniva tollerato nel calcio olandese prima di lui. Ma la rivoluzione fu soprattutto tattica: i calciatori non sono più limitati dal singolo ruolo ma devono muoversi in campo in modo da offrire al compagno che ha la palla il maggior numero di linee di passaggio possibili, poi l’occupazione dell’area di rigore avversaria con 5 o 6 elementi e soprattutto un nuovo modo di difendersi, correre in avanti simultaneamente per mettere in fuorigioco gli attaccanti avversari. Era nato il «totaalvoetbal» olandese. A Bergamo il calcio olandese non funziona. E mentre in Olanda si compiva la rivoluzione anche dalle parti di Viale Giulio Cesare spirava in quello stesso periodo un vento di rinnovamento; reduce da una retrocessione in Serie B il presidente Mino Baracchi chiama Corrado Viciani alla guida dell’Atalanta 1969/70.