Atalanta e Inter: due curve e una rivalità antica tra nerazzurri. Storia (molto nera) dell’altra sponda: non c’è solo lo scooter

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E’ una storia molto più nera che azzurra. Vuoi per le implicazioni politiche, vuoi anche per quelle criminali, come emerso da diverse (e numerose) inchieste che in questi decenni hanno avuto come teatro la curva Nord di San Siro, quella che ospita la tifoseria dell’Inter. Nomi e cognomi, gruppi, militanze extracalcistiche e modus operandi che si ripetono ormai da tempo immemore e che legano alcuni esponenti di peso dei vari gruppi ultrà a doppio filo con il mondo del malaffare e di un estremismo di destra che ha trovato nella tifoseria nerazzurra un terreno da sempre fertile. Molto fertile. Partiamo dalla fine, o meglio, dall’ultimo episodio di sangue: la morte di Dede, ovvero Daniele Belardinelli, ultras varesino gemellato con gli interisti, travolto da un’auto durante gli scontri prepartita con il Napoli nelle vicinanze di San Siro nel boxing day del 2018. Militante del gruppo varesino “Blood and honour”, nome che rimanda ad un’organizzazione di estrema destra, orientamento politico predominante nella tifoseria biancorossa. E non da oggi, basti pensare agli slogan, agli striscioni antisemiti e alle croci inalberate sugli spalti del palasport di Masnago nel lontano 1979 in occasione di un incontro di Coppa Campioni di basket tra la locale Emerson e il Maccabi Tel Aviv. Per quella rissa con i napoletani viene arrestato anche Nino Ciccarelli, una figura quasi mitologica nel panorama ultrà milanese e nazionale. Fondatore dei Viking, formazione di estrema destra, protagonista degli eccessi della Milano nera e pure di quella da bere (e non solo): classe 1969 (anno di fondazione tra l’altro dei Boys, “il” gruppo per eccellenza, ma ci torneremo poi), cresciuto a Quarto Oggiaro, una vita al limite tra stadio e giri strani. Il suo curriculum criminale vanta 12 anni di carcere, prevalentemente per rapine, ricordati da altrettante foglie di edera tatuate sul braccio.