Atalanta, il prof. Caudano e i «tormenti» per Miranchuk: l’attesa fiduciosa che dal baco esca (finalmente) la farfalla

storia.

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C ome si sarà chiamata mai? Annamaria? Sì, la faccia era da Annamaria, pensa il professor Caudano, che ormai confonde classi, annate, volti, nomi e cognomi. “Annamaria Mariani, direi”. Che poi i nomi contano e non contano, sono “puri, purissimi accidenti”, insegna Manzoni, quando nell’Introduzione ai Promessi Sposi annuncia che alcuni, “per degni rispetti”, li tacerà. E questo il buon Elvio lo sa bene. Annamaria Mariani, a ogni buon conto, era una ragazzina che in prima aveva paura della sua ombra, e faceva una gran fatica. Caudano la ricorda, in quell’inizio di liceo: gracile, biondina, occhi azzurri spesso stretti nello sforzo di concentrarsi per seguire la spiegazione e capire tutto. O capire bene che cosa non capisse, per poi chiedere, con voce esile e incerta. Amiche ne aveva, in classe. Perché era cordiale, buona, probabilmente altruista, “come lo sono i deboli”, chiosa il professore sull’onda dei ricordi. Poi, gli anni passarono e Annamaria, piano piano cambiò, sempre più sicura, sempre meno spaventata: lo sforzo di seguire diventato la gioia di imparare, al triennio. Anche il corpo assecondò, o precedette, quell’evoluzione della mente, e ora della quinta Annamaria era diventata una ragazza con una sua bellezza particolare ma innegabile. “Tanto che si mise con Paolo”, ricorda Caudano.