Atalanta, per fortuna che a Udine non c’è più Selmosson: segnava sempre. Storia del campione chiamato «raggio di Luna»

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P rima ancora di quel Zico riuscito nell’impresa di scalfire la proverbiale freddezza ed essenzialità friulana e a far scendere tutti in piazza minacciando l’annessione all’Austria. Prima di gente come Bierhoff, i nostri Zapata e Muriel, lo stesso De Paul e campioni del mondo Iaquinta e Causio. Bengt Arne Selmosson viene prima di tutto: lo stereotipo dello svedese come lo si poteva immaginare negli anni ’50, biondissimo, quasi albino, pallido e occhi chiari. Lo era a tal punto che già nello Jonkopings di Sodra (non proprio uno squadrone) viene soprannominato “raggio di luna”. Nei primi anni ’50 i Paesi del Nord sono nel mirino di talent scout e agenti di mezza Europa, italiani in primis: l’Atalanta pesca in Danimarca gente come Karl e Svend Hansen, Leschly Soerensen e Poul Rasmussen e dalla Svezia Hasse Jeppson che arriva in nerazzurro nell’estate 1951. L’Udinese scova invece Selmosson nel 1953 e sono due anni che fanno la differenza perché nel frattempo i problemi esplodono sia sul lato scandinavo che su quello nostrano. In Svezia parte la caccia all’aspirante professionista, categoria fino a quel momento sconosciuta a quelle latitudini, e soprattutto vie-ta-ta: basta un semplice pour parler e si è fuori da tutto, Nazionali comprese. Selmosson è titolare in quella gialloblu, mentre il suo connazionale Jeppson in Italia è già passato dall’Atalanta al Napoli per la fantasmagorica cifra di 105 milioni di lire.