Atalanta, prima del Real c’è lo Spezia. Da lì tornò mister Mandorlini. Quando il Trap gli scrisse: «Da allenatore capirai»

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I n quegli anni sul golfo dei poeti c’era ben poca poesia. Da tre stagioni la squadra era in C2 e l’ultima si era conclusa con l’amaro in bocca, l’eliminazione al primo turno dei playoff promozione per mano dell’AlbinoLeffe di Oscar Piantoni forte del miglior piazzamento in classifica dopo due partite speculari concluse con una vittoria 1-0 a testa. Quella prima la beffa era invece arrivata in finale, con una sconfitta ai supplementari per mano dell’Arezzo di un giovane Serse Cosmi. A quel punto a La Spezia si decide di voltare pagina: la scelta cade su un giovane allenatore che alla sua prima esperienza ha trascinato la gloriosa Triestina dai bassifondi della C2 al secondo posto e ad una finale playoff persa con il non irresistibile Sandonà. E’ l’estate 1999 e Andrea Mandorlini sbarca a La Spezia. Classe 1960, ravennate di nascita, Mandorlini ha lasciato il calcio giocato a soli 33 anni dopo una carriera (quasi) tutta in A. Con due sole parentesi, l’Udinese nel 1991-92 e l’Atalanta nella stagione più disgraziata della storia nerazzurra, quella della retrocessione in C1 nel 1980-81. Ci arriva dal Torino che lo fa esordire in A nel 1979 in mezzo a mostri sacri come Salvadori, Mozzini e Danova dopo qualche anno di giovanili: in granata colleziona 5 presenze la prima stagione e 22 la seconda giocando da terzino. Nel terrificante campionato che vede l’Atalanta precipitare per la prima (e unica) volta in terza serie, cambiando in corsa allenatore da Bolchi a Corsini, è tra i pochissimi a salvarsi. Ha tecnica e personalità, pure troppa dice qualcuno: gioca 34 partite su 38 e segna pure un goal alla seconda di campionato nell’1-1 a Palermo. I nerazzurri finiscono in C1, lui torna in A con l’Ascoli di sor Carletto Mazzone che nel 1981-82 arriva al sesto posto in classifica.