Bayer, la storia di Seoane: calciatore «normale», allenatore di successo. E dove ha vinto? Allo Young Boys...

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A rrigo Sacchi diceva che per «diventare un buon allenatore non bisogna essere stati, per forza, dei campioni: un fantino non ha mai fatto il cavallo». Gerardo Seoane Castro, meglio conosciuto come Gerry, concorderebbe in pieno: il tecnico del Bayer Leverkusen non è mai stato quel che si dice un calciatore di prima fascia. Classe 1978, doppia nazionalità svizzera e spagnola, poliglotta (parla 6 lingue, portoghese e italiano comprese), difensore di ruolo, nel suo curriculum da campo ci sono solo presenze in squadre svizzere: ha iniziato e finito nel Lucerna e nel mezzo ha vestito le casacche di Sion, Aarau, Bellinzona e Grasshopers. Unica esperienza all’estero, il Deportivo La Coruna, dove è rimasto dal 1998 al 2002 senza però andare oltre la squadra B. Il «Depo» che ha vinto nel 2000 il suo primo (e unico) titolo nazionale l’ha visto giocare dalla tribuna, per capirci. E quella squadra che nel giro di tre anni ha vinto anche coppa e supercoppa nazionale deve averlo in qualche modo ispirato: nessuna stella ma tanti buoni giocatori, come Pauleta, Djalminha, Fran, Mauro Silva e una punta devastante. Nei galiziani era l’olandese Makaay, nel Bayer il ceco Schick, esploso con la Sampdoria, rimasto al palo a Roma sponda giallorossa, rinato a Lipsia e tornato ad altissimi livelli con le «aspirine», come vengono chiamati quelli di Leverkusen.