Caudano controcorrente, «rifiuta» la Nazionale. E al cinema, da solo in sala, ritrova un pezzo della sua infanzia

storia.

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I l professor Caudano non sa neanche lui perché. Ma sa che è così: ha da sùbito coagulato la sua insoddisfazione per il mondo (e per se stesso) contro l’Europeo e non c’è stato nulla da fare. La povera Italia di Mancini non ha ottenuto da lui che poche, svagate attenzioni. Quelle poche, poi, non l’hanno aiutata, perché della partita contro il Belgio la sola azione che Elvio ha visto più volte, complice il web, è stata la pantomima di Immobile sul gol di Barella, pessima pubblicità all’estero presso popoli che da sempre ci accusano di essere dei furbastri. Il giorno di Italia-Spagna, poi, le cose si sono messe irreparabilmente male nel tardo pomeriggio. Caudano avrebbe magari finito per guardarla, la semifinale. Sai mai che entrassero Toloi e Pessina, o almeno uno dei due. Senonché, verso le 18 gli è apparsa sul cellulare la notizia che in un rispettabile liceo di Milano la maturità ha prodotto un 100 ogni due allievi. Ovvio che il povero Elvio abbia letto con un addolorato sconcerto. Riprova, ai suoi occhi, della decadenza della scuola, della sua sopravvenuta incapacità di giudicare seriamente, della resa quasi incondizionata dei docenti alle pressioni di presidi e famiglie, nonché della risibile facilità dell’esame. “E io dovrei, questa sera, tifare per la squadra che rappresenta un paese del genere? Un paese che fa credere di avere a disposizione una generazione di fenomeni, quando ha solo approntato strumenti di verifica tanto fallaci e messi in mano a gente tanto stanca e sfiduciata da ottenere risultati incredibili? In una classe, fisiologicamente, l’eccellenza si riduce a tre, quattro elementi, che su venticinque sono un quinto, il venti per cento. Ora, invece, siamo al cinquanta. Pazzesco”. E via brontolando. Che sulla Nazionale la retorica è più o meno la stessa che fiorisce sulla scuola, che lui all’Italia ha dato più di quanto abbia ricevuto, che lui non si sente italiano. Anzi, conclude: “Etimologicamente, io sono uno senza paese, uno spaesato. Perché del carattere italiano, se è quello di Ciro Immobile, ho proprio poco. Anzi, nulla”. Insomma, finita la cena, il buon Elvio di disporsi a guardare Italia-Spagna non aveva proprio animo. Sicché, spaesato per spaesato, è uscito di casa, intorno alle 20 e 40.