Caudano e quella gioia per la Champions soffocata da un’offesa subìta a scuola (urge una Coppa per ridargli il sorriso)

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L unedì mattina. Il professor Caudano entra a scuola sereno, felice. S’intende, della felicità misurata di chi nella vita ha scelto il nascondimento, il cuore al sicuro dal rischio di amare, la mente dedicata a capire i libri più che gli uomini. A non dire le donne. Comunque, entra a scuola felice. La sua Atalanta per il terzo anno di seguito è arrivata a qualificarsi alla Champions League. Soddisfazione immensa. Elvio la culla dal triplice fischio di sabato, al quale è tuttavia arrivato con il cuore in gola, perché i ragazzi del Gasp sono così: possono giocare un primo tempo magistrale, sontuoso, coronato da tre reti (a zero), e poi complicarsi (e complicargli, al professor Caudano come a ogni loro tifoso) la vita nella ripresa, regalando gol e rigori come neanche fossero l’incarnazione calcistica di Santa Lucia, Babbo Natale e la Befana tutti insieme riuniti. Camminando verso il liceo, in un mattino troppo freddo per essere di maggio, il buon Elvio ha riassunto fra sé le ragioni per cui questa terza qualificazione Champions gli pare qualcosa di straordinariamente significativo. Quasi quasi parlava da solo, e contava sulla punta delle dita. Uno: confermarsi ha più significato che arrivare una volta. Una volta ci si può arrivare per caso, per un exploit straordinario in senso etimologico, fuori dall’ordine delle cose. Confermarsi vuol dire averlo cambiato, l’ordine delle cose.