Caudano e Gasp: in cattedra entrambi, entrambi da soli coi risultati del loro lavoro

storia. Il racconto di Stefano Corsi

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L’ Atalanta attuale, vista da Jesi e da un tifoso sentimentale, è una cosa che non si capisce. Che non è più, o non ancora. Che, per carità, il suo più o meno lo fa, la classifica l’ha decente, ma appare senza nerbo, come deprivata di un senso, di una reale consapevolezza di sé e di che cosa vuol essere. Il tifoso sentimentale Elvio Caudano la guarda nel suo soggiorno, sul suo televisore, alla fine di un lunedì difficile, e soffre. Il mister gli trasmette un’idea di solitudine, se non rispetto ai tifosi, certamente rispetto al resto dell’ambiente, forse anche a Società e giocatori. Deve essere una deformazione professionale: abituato a percepire gli umori delle classi, il buon Elvio si picca di cogliere anche quelli in seno alla sua amatissima squadra. E gli sembra di non percepire più quell’unità e quella lucidità di progetto che fu dei primi anni dell’era Gasperini. Se riguarda vecchi filmati, ha come l’impressione che altri fossero gli sguardi, le esultanze, gli abbracci, le posture, i sorrisi dopo i goal… Ora, gli sembra che Gasperini sia sopravvissuto a se stesso, come in una terra di nessuno. Sensazioni di un tifoso lontano, che fa un altro mestiere, che non ha mai tirato un calcio un pallone e che non ho mai messo piede in una società di calcio. Eppure, sensazioni vivissime, che non lo abbandonano nemmeno dopo il buon pareggio di Firenze e neppure alla fine di un lunedì complicato.