Caudano, l’Inverno di Orazio e il «grazie» di una studentessa che scalda il cuore. E gli ricorda quei grazie mai detti a Gasp

storia.

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D i Irene Caudano sa poco, perché lui sa poco di tutti, vivendo appartato e solo. Sono le sue colleghe, semmai, che nei consigli di classe si profondono in pettegolezzi sui ragazzi, le di loro famiglie, le cugine di terzo grado e le biszie andate a stare ad Ancona o a Fermo, le storie vere e quelle presunte. Irene sta in quarta. Studia, parla l’indispensabile e legge tantissimo. Una volta, in sala professori hanno detto che ha diversi problemi in famiglia. Caudano le insegna latino, ma si compiace quando le vede sul banco una volta I Miserabili, una volta Pastorale americana e una volta Anna Kerenina. Spesso, mentre tutti i suoi compagni trascorrono l’intervallo appesi all’amo del cellulare, Irene legge. Sarebbe anche carina, Irene.O lo era. Mora, carnagione olivastra, occhi scuri, bocca regolare e bel sorriso, sebbene misurato. Ma quest’anno è arrivata a scuola con i segni inconfutabili dell’anoressia. Caudano li ha riconosciuti e ha provato una pena infinita, anche se ha naturalmente taciuto. La sua collega di Arte, invece, in corridoio ha candidamente ammesso di aver avvicinato Irene il primo giorno e di averle chiesto, davanti a tutti: “Ma Irene, che fai? Vuoi scomparire dalla nostra vista?”. “Brava cretina!”, ha ringhiato fra sé Caudano, udendo il racconto, perché sulla psiche delicata e sofferente di una ragazza che decide di nutrirsi sempre meno, una parola sbagliata può essere come sale su una ferita aperta.