Caudano ne ha per tutti. Per la scuola, che a distanza non gli piace. E le nazionali, che tolgono Malinovskyi all’Atalanta

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C i sono giornate che sono come animali braccati, feriti, che arrivano a sera zoppicando e stentando. Il professor Caudano esce verso le 18 e 30, e a quel punto il suo giorno è già un capriolo che si trascina a fatica. Ha spiegato per quattro ore davanti a un computer e a dei ragazzi lontani, indecifrabili, difficili da interpellare e da ascoltare. Poi, ha corretto un paio di temi avvilenti, tanto più perché di quinta, e si è riconfermato nella convinzione di avere di fronte una generazione le cui radici affondano in terreno che la nutrirà per tanti aspetti, ma non certo per la capacità di leggere un testo complesso, ragionarci e produrre un’analisi articolata e sensata. Solito dubbio: “E se saper leggere un testo complesso e costruirci sopra quel che poi la scuola richiede quando assegna un tema da svolgere, non servisse più?”. Non lo sa, Caudano. Crede di sì. Ma si percepisce solo e impotente, quando vede Manzoni e Leopardi banalizzati, la sintassi violentata, la punteggiatura sparsa a caso, e il dizionario Milanese-Toscano del Cherubini, prezioso all’autore dei Promessi Sposi, citato come “il cherubino”, così, singolare e minuscolo. Poi, dalle 15 alle 18, il Collegio docenti. Ora Caudano vede i colleghi, nell’acquario del pc. La collega Sala non è in vena di chiacchiere. Tace da qualche giorno. Il buon Elvio la vede e la ingrandisce sullo schermo. Ha gli occhi come velati da una malinconia profonda, il sorriso rarissimo, non pervenuto neppure quando la preside, chissà riferendosi a cosa, ne dice una delle sue, in bellissimo accento napoletano: “No, perché qui va a finire che facciamo come quel tipo che un giorno va del prete e gli chiede se può fumare mentre prega, e il prete gli dice di no; ma qualche giorno dopo torna dal prete e gli chiede se può pregare mentre fuma, e il prete gli dice di sì!”.