Caudano spiega la vita a un gruppo di anziani con i versi di Mario Luzi. E le delusioni del calcio svaniscono

storia.

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C omunque, adesso è lì. Non sa bene perché ha accettato. Comunque, adesso, è lì. In una sala pubblica con davanti un foltissimo pubblico di anziani. Studenti, per così dire, dell’Unitre. Il professor Caudano era stato contattato tanto tempo fa, e se ne era dimenticato. Poi, domenica sera, nel dopo-Milan, ha trovato la mail che gli ricordava l’impegno. Gentile professore eccetera eccetera. Quando l’Atalanta perde, e perde male, come nell’occasione, al triplice fischio il povero Elvio spegne tutto: impedisce alla Musa Eupalla di significargli altro, oltre al risultato appena giunto a maturazione. Niente commenti, niente interviste, men che meno riflessi filmati di altre partite e di vittorie altrui. Il calcio scompare e per una settimana, o almeno per tre o quattro giorni, non esiste più. Anche perché, per beffarda consuetudine, spesso nei turni negativi per i nerazzurri tutte le loro concorrenti vincono, in casa e fuori, contro qualsiasi avversario, sicché meno ne sa meglio sta. Domenica, Caudano ha addirittura tolto l’audio a una trentina di secondi dalla fine, per non ascoltare il boato esultante di San Siro: aveva sognato il riscatto della sconfitta dello scorso campionato, che l’Atalanta aveva subìto da vittima sacrificale, da sparring-partner invitato alla penultima tappa del trionfo tricolore. Quel coast to coast di Theo Hernandez andava vendicato, nella sua testa. Magari grazie a una combinazione Lookman - Højlund, come per dire anche noi abbiamo saputo rinnovarci, abbiamo trovato gli uomini giusti e siamo venuti a riscattarci. Invece.