Caudano, un libro e una partita dell’Atalanta letta con occhi romanisti. La gioia di una sponda, il dolore dell’altra

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P er ogni tifoso c’è un prima. Una linea di nettissima demarcazione separa il suo tempo da quel prima, per sempre. Perché ogni tifoso ricorda un campionato nel quale ha iniziato a seguire la sua squadra, la formazione d’esordio, la partita della sua comparsa allo stadio, che è quella e nessun’altra. Da lì in poi, per lui inizia la vera vita della sua squadra, quella a colori, quella che gli appartiene. Prima c’è come un tempo sbiadito, in bianco e nero, che è stato ed è di altri, ma non suo. Il professor Caudano il suo battesimo lo ebbe nell’Atalanta-Roma 1-2 con la rete annullata a Simonini e poi regalata a Magrin per placare la folla che schiumava rabbia. Battesimo casuale - era in licenza, si annoiava ed entrò allo stadio con curiosità antropologica, più che altro - ma indelebile. Tutto ciò che sta prima di quella prima giornata del campionato 1985/86 per il mite Elvio è preistoria, tempo alieno, leggenda e mito, o semplicemente stagione pressoché ignota. Ha letto e studiato, certo. Ci sono episodi e nomi che gli sono ormai ben familiari. Ma non è la stessa cosa: Kertez, Gardoni, Maschio, Calvarese, Moro, Scala o Bertuzzo stanno per lui in un hic sunt leones che mai diventerà suo reale possesso.