Da Empoli-Atalanta 3-0 in B a oggi è tutto diverso: risultati, proprietà, l’addio di volti storici. La passione scritta da Ombra

storia.

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O di et amo. Carme 85, se non ricordo male. Il prof. Caudano non tarderà a correggermi, se mi stessi sbagliando. Ti odio e ti amo: inizia così il verso più famoso che Catullo dedica alla giovane Lesbia. Tanto amata da essere odiata, tanto odiata da essere amata. Odi et amo non rappresenta tuttavia neanche un centesimo dei sentimenti che agitano e squassano l’atmosfera di una partita dell’Atalanta. Che tu vada allo stadio, la veda in televisione o la ascolti in radio. Tutto questo lo devi unicamente a una persona. E per questo dovrai ringraziarla in eterno. Perché, nelle gioie e nei dolori, ti ha fatto annusare quella nostalgia del Paradiso volgarmente detta felicità. Odi et amo, P.E. Chiamiamola così, questa persona. P.E. Vivere l’Atalanta con P.E. è un insieme di ossimori, antipodi, paradossi. Un’eterna montagna russa emotiva, che alterna massima esaltazione agli improperi più beceri nel giro di un battito di ciglia. Osservare le sue gesta nel corso dei 90’ meriterebbe un capitolo a parte: una gara nella gara, fatta di pressing asfissiante e spazzate da oratorio, palleggio tambureggiante e catenaccio vecchia scuola. Una mutazione continua, una metamorfosi perenne, nell’eterno ritorno tra un estremo dello spettro emozionale e il suo reciproco. In alcuni momenti vorresti cristallizzare la sensazione di invincibilità trasmessa dall’euforia estatica di P.E., in altri preferiresti essere in cima all’Everest per evitare di avere anche lontanamente a che fare con la sua ira sfrenata.