I campioni che si sono persi/1 Robert Enke, portiere tedesco divorato dalla depressione

storia.

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Comincia con questo articolo una serie di approfondimenti, curati da Dino Nikpalj, nella quale saranno raccontati i più grandi talenti del calcio che hanno raccolto molto meno di quanto avrebbero potuto. Si comincia con Robert Enke, portiere tedesco. Buona lettura.

E rano in 45mila sugli spalti dell’Awd Arena di Hannover quel 15 novembre 2009. Una domenica, quasi un segno del destino, ma nello stadio non si gioca nessuna partita. Al centro del campo c’è una bara di legno chiaro, semplice e squadrata, quella di Robert Enke, portiere dell’Hannover e della nazionale tedesca. Qualche giorno prima, a soli 32 anni, ha deciso di uscire dal campo. Per sempre. Saluta la moglie Teresa dicendo che sarebbe andato all’allenamento, ma al centro sportivo non arriverà mai: gira per qualche ora nelle strade della Bassa Sassonia senza una meta, alla ricerca di qualcosa o più semplicemente di un posto per dire addio. Poi la decisione: lascia la sua Mercedes nel parcheggio della stazioncina di Eilvese, un sobborgo di Neustadt am Rübenberge, scende, aspetta che passi il treno che da Hannover va a Brema e tutto finisce lì. A poche centinaia di metri c’è un pugno di case strette intorno a una via, Himmelreich, regno dei cieli. Enke soffriva di una depressione che l’ha divorato giorno dopo giorno e ucciso forse molto prima di quel salto sui binari. Nel 2006 la figlia Lara, di soli 2 anni, era morta per una grave malattia respiratoria: un dolore che aveva minato ulteriormente la sua psiche già fragile. Pochi mesi prima di morire aveva adottato la piccola Laila di 8 mesi, ma la paura che tutto potesse finire a causa della depressione l’aveva ulteriormente indebolito.