Il Bologna e il sogno europeo (dopo 24 anni di assenza) alimentato dai gioielli pescati da Sartori

storia. La storia di Dino Nikpalj

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I n una chiacchierata informale di non molto tempo fa il patron nerazzurro Antonio Percassi aveva sottolineato come molte squadre italiane stessero cercando di alzare il proprio livello qualitativo ispirandosi all’Atalanta. Il Bologna che ci attende all’antivigilia di Natale è una di queste, insieme alla Fiorentina dello zio d’America Commisso. Il new deal felsineo è invece targato Canada, patria di quel Joey Saputo (rampollo di una ricca famiglia di emigranti leader nel settore caseario) alla guida della società dopo il divorzio con lo yankee Joe Tacopina ora alle prese con discreti problemi nella vicina Ferrara con la Spal. A chiudere il cerchio canadese, sulle maglie rossoblù questa stagione compare “Saputo” come main sponsor.

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Il Bologna ha giocato la sua ultima partita nelle coppe europee vent’anni fa, nell’agosto 2003 in uno dei più affascinanti stadi londinesi, Craven Cottage, casa del Fulham. Quello con la caratteristica casetta (il cottage, appunto) all’angolo tra due settori, immerso in un parco e con il Tamigi che costeggia la tribuna centrale, recentemente rimessa a nuovo e raddoppiata come capienza. Era la finale dell’Intertoto, archeologia calcistica, qualcosa di simile agli attuali preliminari che davano l’accesso all’Europa League: all’ultimo atto nel 2001 ci era arrivato persino il Brescia, ma la regola dei goal in trasferta aveva premiato il Paris Saint Germain. Il Bologna ci era già passato nel 1998 con Carletto Mazzone vincendo il trofeo e arrivando poi addirittura in semifinale di Coppa Uefa. Insomma, alla fine quell’apparentemente fastidioso torneo estivo portava bene.