Il Cagliari, l’Atalanta (il Malines) e un signore della panchina: Bruno Giorgi. Storia di uno stile che nel calcio non c’è più

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L’ ultima volta che il Cagliari si è affacciato in Europa, 27 anni fa, sulla panchina c’era lui. E pure su quella dell’Atalanta nell’ultima esperienza internazionale prima dell’era Gasperini, anno di grazia 1991. Curiosamente in entrambi i casi la corsa finisce a Milano con l’Inter: in semifinale di Coppa Uefa per gli isolani, ai quarti per i nerazzurri. Sono ormai passati 11 anni dalla morte di Bruno Giorgi, un allenatore che tutti hanno sempre definito con una sola parola: gentiluomo. Uno che raramente alzava la voce, severo ma attento ai suoi giocatori, capace di uscire dal rutilante e rumoroso mondo del calcio in punta di piedi nel 1996 per non rientrarci più. Senza mai rilasciare una dichiarazione, polemica e non: a un certo punto ha semplicemente deciso che quella non era più la sua vita e se n’è andato nel suo “buen retiro” di Montecavolo, nel reggiano, dove è morto nel settembre 2010 a 70 anni. In realtà pare che dietro l’aventino ci fossero problemi familiari: le cronache (e anche qualche sommaria e spesso spannometrica ricostruzione postuma…) raccontano che avesse voluto dedicarsi alla figlia in fuga al seguito di un cantante di una band del Nord Europa che andava per la maggiore all’epoca. Ma anche su questa vicenda Giorgi non ha mai voluto dire nulla: a un certo punto ha deciso che la sua vita aveva altre priorità e nessuno ha più saputo niente di lui. Emblematico il ricordo del Cagliari il giorno della sua scomparsa: “Dopo aver appeso la tuta al chiodo, rifiutò ogni incarico e si negò anche a qualsiasi tipo di intervista. Tagliò tutti i contatti con un mondo che non aveva mai sentito suo. Troppo duro e arrogante per un signore come lui, abituato a guardare la gente negli occhi”. Ma anche quello di Antonio Percassi che lo aveva voluto sulla panchina dell’Atalanta in sostituzione di Pierluigi Frosio: “Ho avuto la fortuna di averlo come allenatore, ma soprattutto di averlo conosciuto come uomo. Una persona di una professionalità incredibile. Un grande, una persona che voleva bene all’Atalanta».