Il prof. Caudano in gita a Bologna si sente «passato». E un po’ simile all’Atalanta

storia. Il racconto di Stefano Corsi

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L asciarsi mettere, o finire, supplenti dell’accompagnatore di un’uscita didattica o di un viaggio di istruzione, è un attimo. Accade nei consigli di classe di inizio anno. Già è difficile trovare i titolari; già chi non si è offerto si sente vagamente in colpa; e allora, quando risuona la fatidica domanda del coordinatore che cerca un supplente, di solito anche i meno inclini accettano di rendersi disponibili almeno come rincalzi. Naturalmente, confidando che nessuno mai li verrà a disturbare.

Figurarsi.

A ottobre, il professor Caudano aveva dunque concesso che lo segnassero come terzo a un’uscita in giornata a Bologna, che richiedeva due docenti. Classe quarta. Poi, se ne era dimenticato. Fino a sabato scorso, quando il vicepreside lo ha convocato e gli ha comunicato che la collega titolare aveva il figlio con la varicella: a far visitare ai ragazzi il centro di Bologna e il Museo Archeologico, per poi salire a San Luca, doveva andarci lui. Mercoledì, tanto a Jesi quanto nel capoluogo emiliano, era un giorno di vento freddo, di pioggia a raffiche e a fasi, nonché di rari sprazzi di sole. Il buon Elvio ha patito il clima, malamente protetto da un impermeabile vecchio d’anni, ereditato addirittura da suo padre.