F acesse bene o no, il professor Caudano più volte a scuola ha ripetuto ai suoi studenti una massima che aveva colto durante un’intervista televisiva a Fabrizio de André, artista di cui ha sempre saputo poco ma che ha sempre trovato simpatico, per quella sua aria insieme tenera e ribelle, umana e solitaria. Ebbene, la frase che gli è rimasta in cuore e che non di rado ha citato fra i banchi, recita appunto: “Io non temo l’uomo da solo, temo l’uomo organizzato”.In genere, la utilizzava quando, spiegando, doveva mostrare le aberrazioni cui l’essere umano può giungere se si organizza in strutture gerarchiche fortemente vincolate, dove la responsabilità dei singoli si annulla entro l’appartenenza a un sistema rigidamente controllato, e l’astuta malvagità di ciascun dirigente può sommarsi a quella degli altri, creando meccanismi perversi. Le dittature di qualsiasi colore, la prova più evidente. Ma senza scomodare quelle, gli è sempre parso che, anche in manifestazioni meno gravi, la regola di De André valga.In un’alba di mezzo agosto, il povero Elvio la ripensa, perché cerca in Google un dettaglio mitologico che gli sfugge e, non richiesta, gli risponde l’intelligenza artificiale, che inquina e che egli mai vorrebbe utilizzare, preferendo la sua, naturale, poca o tanta che sia. Gli bastava il vecchio Wikipedia, in cui cercare chi fosse Ecale. “Eccolo qua, il fascismo pericoloso di oggi, l’uomo organizzato che mi impone l’IA senza che io la voglia”. Ma al bar di Claudio, è peggio che peggio.