Il prof. Caudano, le lezioni di latino e l’Atalanta di un tempo passato: ma tutto cambia

storia. Il racconto di Stefano Corsi

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M artedì sera. Prima lezione con i tre seminaristi che salgono dalla città. Il professor Caudano ha a lungo pensato come impostare il lavoro. Ma dovrà anche capire che cosa già sanno e che cosa ancora non sanno, i suoi allievi. Il parroco gli ha messo a disposizione un’aula dell’oratorio e l’uso della fotocopiatrice parrocchiale. Da Jesi, il buon Elvio, sapendo che servizio avrebbe dovuto svolgere, ha portato i libri essenziali. Una grammatica italiana, una latina, una greca, e i rispettivi esercizi. Ha invece lasciato a casa il vecchio testo di ebraico, quello su cui ha preparato il suo primo esame universitario, perché ha pensato che prima di preoccuparsi della ciliegina di Gerusalemme avrebbe dovuto provvedere ad Atene e a Roma. In televisione ci sarebbe Milan-Psg, ma al professore atalantino poco importa. Oltretutto, per quanto gli paia atteggiamento poco nobile, non sa non essere gufo contro le altre italiane impegnate in Europa. Il suo ragionamento è lineare, sebbene, forse, un poco puerile: “Ovunque ci gridano «Odio Bergamo», senza peraltro che alcuna voce si alzi a difesa della città. Perché io dovrei amare loro?”. La sera è lontana dalla sconfitta con l’Inter come dalla sfida di ritorno con lo Strum Graz. È buttata lì, in mezzo, fra suggestioni amare e taciute speranze.