Il Sassuolo e le sue «compagne» emiliane: quando in serie A piccolo è bello, con qualche puntatina europea

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P iccolo è bello, soprattutto quando (e se) riesci a sopravvivere nel calcio che conta in mezzo a città con numeri e tradizione. Nella storia del campionato italiano il Sassuolo è al suo ottavo torneo nella massima serie, tutti consecutivi. Dal debutto 2-0 a Torino sponda granata del 25 agosto 2013 – curiosamente con reti di due giocatori che hanno vestito la maglia nerazzurra, Brighi e Cerci – al match di domenica al Mapei con l’Atalanta, una serie davvero inattesa per una squadra che si era affacciata alla massima serie con tutta l’aria di essere l’agnello sacrificale. E in effetti le 4 sconfitte iniziali della stagione 2013-14, culminate con un memorabile 0-7 interno con l’Inter, sembravano far presagire un rapido ritorno tra i cadetti, categoria dove i neroverdi si erano affacciati solo nel 2008, perché la loro storia l’hanno passata soprattutto dalla terza serie in giù, e invece prima è arrivata una rocambolesca salvezza alla penultima giornata, due stagioni dopo addirittura la qualificazione ai gironi di Europa League. Per la cronaca, in quella prima stagione in serie A il Sassuolo è riuscito a battere l’Atalanta (di Colantuono) due volte su due e con il medesimo risultato: 2-0 sia al Mapei che a Bergamo. La sconfitta del 24 novembre 2013 a Reggio Emilia è l’ultima (e l’unica) dei nerazzurri in uno stadio che porta molto bene e da sempre. Dal 3-0 ai granata della Reggiana allora padroni di casa il 1° giugno 1997 - con doppietta e titolo di capocannoniere per Pippo Inzaghi sotto il diluvio - alla prima qualificazione in Champions conquistata contro il Sassuolo nelle insolite vesti di ospite nel proprio stadio (a Bergamo erano iniziati i lavori di demolizione della Nord) nel 2019, passando per un 3-0 in campo neutro al Brescia e le vittorie europee con Everton e Lione. Sassuolo è la sola città non capoluogo di provincia in serie A, un’anomalia amplificata dal fatto che pur essendo provincia di Modena giochi a Reggio Emilia. Chilometri alla mano la distanza era pressoché uguale e i rapporti più distesi, ma soprattutto l’allora stadio “Giglio” era sul mercato dopo i problemi societari della Reggiana, il “Braglia” di Modena proprio no.