La Lazio, storia maledetta. Vittorie e condanne, sogni e pistole: quelle della squadra, rimaste a terra a Orio

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L a Lazietta. Ovvero quella squadra né carne né pesce, che vince ma non riesce mai a diventare davvero grande. L’incubo di Claudio Lotito, imprenditore nel settore pulizie, catering e vigilanza privata. Uno che i soldi (tanti) li ha fatti soprattutto lavorando negli appalti pubblici, al punto da comprarsi due squadre: la Lazio e la Salernitana. Con un solo risultato certo: la discreta disistima di entrambe le tifoserie. Intendiamoci, fare il presidente a Roma è una cosa difficile, difficilissima, e su entrambe le sponde: troppa pressione, equilibrio assente, una pressione mediatica a tratti assurda. E il riferimento è soprattutto a quel sottobosco di radio che parlano h24 di calcio, la colonna sonora di qualsiasi taxi che abbiate preso nel tragitto Fiumicino-Urbe o all’interno delle Mura Aureliane. Si parla di calcio, sempre, sulle onde medie, nei bar, nei crocicchi di persone: con l’arguzia popolare romana capace di colorare qualsiasi cosa in modo involontariamente comico, ma più spesso con una cattiveria che alla lunga diventa insopportabile. Al tirar delle somme Roma sta al calcio italiano come Londra a quello inglese: si vince altrove, per capirci, a Torino e Milano piuttosto che a Manchester e Liverpool. Poi capita che a volte la pallina finisca sul numero giusto delle roulette, ma quasi per caso, per inerzia: il palmares del dopoguerra segna 2 scudetti a testa più un discreto numero di Coppe Italia. Come la Lazio abbia vinto l’ultima ce lo ricordiamo benissimo (omissis). La Lazietta, dicevamo: il quasi senatore Claudio Lotito (la Giunta per le elezioni lo ha riammesso a Palazzo Madama, pare) ha ambizioni inversamente proporzionali al braccino, normalmente corto. Fortuna vuole che Igli Tare sia un uomo dalle mille sorprese: da calciatore - il primo albanese a sfondare in Italia - prima e da dirigente poi. Vista lunga, notevole fiuto e abilità sul mercato. Doti che hanno portato i biancazzurri a stazionare stabilmente nei quartieri alti della classifica e a tornare persino in Champions quest’anno. Il che basta e avanza per sfottere per una stagione buona i cugini alle prese con la propria personale “pastorale americana” dall’esito incerto.