L’Atalanta e la delusione che tracima sui social. Il silenzio del prof. Caudano, che (non) si consola con la scuola

storia.

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“U n 4 a 4 interno, con svantaggio, pareggio, vantaggio, ripareggio, risvantaggio e ri-ripareggio, vuol semplicemente dire che la squadra non c’è più nelle sue strutture portanti, individuali, tattiche e strategiche. Che vive di strappi e di nervi, di smemoratezze e fiammate, ma che non ha più la forza né psicologica né fisica per dominare una partita, o almeno gestirla. Siamo alla frutta, per quest’anno. Altro che fare tabelle, previsioni e calcoli. Accettiamolo e fine: dopo cinque stagioni pazzesche, una con un risultato che nel pre-Gasperini sarebbe stato salutato come quasi trionfale, e che ora pare quasi fallimentare, perché al caviale si fa presto ad abituarsi, ci può stare”. Queste, in sintesi, le riflessioni del mercoledì sera del professor Caudano. E, poi, il suo solito ricordo preciso e amaro: una stagione colantuoniana in cui una buona serie di risultati positivi aveva portato la squadra sulla soglia della qualificazione europea. Era primavera e la consacrazione sarebbe dovuta arrivare in una partita interna contro il Sassuolo. Quel giorno il buon Elvio aveva portato sua madre al caffè. I neroverdi emiliani erano alla disperazione, in zona salvezza. L’Atalanta veniva da sei vittorie di seguito. Era la squadra dei Consigli e degli Yepes, di Cigarini e Bonaventura, di Moralez e Denis. Quella in cui una trepidazione piena di speranza attraversava il pubblico se si alzava Baselli dalla panchina…