L’Atalanta a Frosinone nel nuovo stadio nato dalle «macerie» del Casaleno (e che ha portato bene a Zapata...)

storia. La storia di Dino Nikpalj

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U na Stirpe di presidenti, di quelle capaci di lasciare il segno a Frosinone, terza squadra (e seconda città) laziale a conquistare la A dopo le due capitoline, Lazio e Roma. Nel 2014 ci era arrivato vicino il Latina, un sogno infranto nella finale playoff con il Cesena: l’anno dopo è toccato invece ai ciociari fare l’impresa. Una storia, quella della società giallazzurra, legata a doppio filo alla famiglia Stirpe: il nuovo stadio porta il nome di Benito, imprenditore di grido e presidente dal 1965 al 1967 (insieme al fratello Roberto), poi dal 2003 è iniziata la grande avventura del figlio Maurizio, vicepresidente di Confindustria, capace di scrivere pagine fondamentali per il sodalizio e la città. Il suo primo campionato coincide con la promozione dalla C2 alla C1: da quel momento in poi il Frosinone non è più sceso sotto la terza serie, anzi semmai ha scalato categorie superiori per più e più volte. Il distinguo è fondamentale perché fino alla stagione 2003-2004 i giallazzurri erano passati attraverso fallimenti e radiazioni, campionati nei dilettanti, ripescaggi e retrocessioni. Calcio di provincia, quindi, non sempre sanissimo: di quelli dove non si fa differenza tra campo e palla e dove ogni domenica è un mezzo derby con squadre ciociare, pontine, abruzzesi o della vicinissima Campania dove c’è solo l’imbarazzo della scelta.