S trano Paese l’Italia, per tirare in piedi uno stadio nuovo serve almeno un quarto di secolo di progetti, trattative, carte bollate e cantieri, salvo complicazioni ovviamente. Ma poi ci sono storie al limite dell’incredibile di impianti vissuti meno di un amen, 16 anni per la precisione, è il caso del fu “Delle Alpi” di Torino sulle cui ceneri è sorto lo “Juventus stadium” ora griffato Allianz che oggi ospita l’Atalanta. Che ha qualcosa da raccontare sulle vicende di quell’impianto visto che è stata protagonista della prima partita di campionato lì giocata dai bianconeri. Un lungo passo indietro, a più di 40 anni fa. Dopo un testa a testa con l’Unione Sovietica (non la Russia, il Muro di Berlino era ancora ben saldo) il 19 maggio 1984 la Fifa decide che i Mondiali del 1990 si giocheranno in Italia, 56 anni dopo l’edizione del 1934, peraltro vittoriosa. La prima cosa che si decide di fare è mettere mano agli stadi, con esiti decisamente in chiaroscuro, per non dire di peggio. E a scanso di equivoci il giudizio lo facciamo tirare nientemeno che alla pagina dell’area istituzionale del sito della Figc: “Purtroppo, l’occasione dello sviluppo degli impianti sportivi in Italia è però mancata: al di là di una spesa aumentata di circa l’80%, quel Mondiale ha lasciato stadi concepiti guardando al passato, inadatti al calcio che si stava trasformando in industria di intrattenimento. Nascono stadi che conservano spesso la pista di atletica o inseriti in contesti urbani complessi (come a Genova) mentre l’Inghilterra rivoluzionava i suoi impianti, in Francia partiva il progetto dello Stade de France e in Olanda nasceva l’Amsterdam ArenA. Uno (il Delle Alpi) sarebbe stato poi completamente ricostruito, altri navigano in situazioni di difficile gestione (come il San Nicola a Bari), il “Meazza” di Milano affronta la difficoltà della salvaguardia del manto erboso rispetto alla costruzione del terzo anello, lo Stadio Olimpico di Roma sarebbe stato sottoposto a numerosi successivi interventi, a Napoli, Palermo e Cagliari ancora oggi si attende una nuova ristrutturazione o un rifacimento, come a Verona, mentre Udine ha scelto di ristrutturare l’impianto riducendo la capienza ma puntando sull’efficienza e la sostenibilità”.