L’Atalanta e l’erba di Udine: è lì che, quasi 23 anni fa, è sbocciato (di nuovo) il genio di Morfeo

storia. La storia di Dino Nikpalj

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D ue minuti. Tanto era servito a Domenico Morfeo per riprendersi in mano l’Atalanta 43 mesi e 28 giorni dopo quel 3-0 nel diluvio di Reggio Emilia del 1° giugno 1997 che aveva consegnato a Pippo Inzaghi il titolo di capocannoniere del campionato: l’ultima partita in nerazzurro per entrambi, Superpippo aveva preso la via di Torino sponda Juve per poi rimboccare l’A4 direzione Milan(o), il talentino abruzzese intrapreso un suo personale e tortuoso giro d’Italia. Fiorentina, Milan, Cagliari, Verona e ancora la città toscana con però solo due presenze e tanta voglia di riprendere un discorso interrotto. E cosa meglio di un ritorno a Bergamo nel mercato invernale? E’ l’Atalanta del nuovo millennio, quella di Giovanni Vavassori, stagione (di grazia) 2000-2001: neopromossa e piena zeppa di ragazzi del vivaio: dai gemelli Zenoni a Zauri, Rossini, Lorenzi, Donati, Pinardi, Bellini e chi più ne ha più ne metta. Una squadra capace di andare a San Siro col Milan, chiudere il primo tempo in vantaggio 3-1 e far debuttare l’ennesimo giovane, questa volta tra i pali: si chiama Ivan Pelizzoli, non ha ancora 20 anni, entra al posto dell’infortunato Pinato e non esce più. Un mix tra la sfrontatezza giovanile di ragazzi che il Vava ha tirato su gran bene e la personalità di gente come Doni, Ventola, Carrera, Gallo e Ganz che parte lanciata e si ritrova pure in testa al campionato e imbattuta fino alla 9ª giornata quando cade 2-0 a Parma. Poi pare ripartire ma ricade ancora: tre sconfitte di fila a cavallo tra Natale e Capodanno con Inter, Roma e Reggina e quella pazza idea che comincia a farsi strada, perché non riprendersi Morfeo almeno fino a fine stagione?