L’Atalanta di prima e quella di adesso: lo scritto di Ombra su giudizi e pregiudizi

storia.

Lettura 3 min.

N on esiste ancora un corrispettivo in italiano, figuriamoci in bergamasco. Però quello che aleggia sull’Atalanta è un sentimento che tutti stiamo provando. Magari lo chiamiamo in dialetto, facciamo lunghi giri di parole per trovare quelle giuste o ci limitiamo a un “Non so spiegartelo, ma ci siamo capiti”. Nel mondo sempre più liquido ed elastico che stiamo vivendo, ecco che è la finanza a dare un nome a ciò che un atalantino prova nel vedere de Roon prendersi sulle spalle la squadra, i centrali avversari rimbalzare dopo un contrasto con Zapata o i terzini arrancare dietro alle folate di Zappacosta. Nei mercati azionari, con recency bias si intende un pregiudizio inconscio cognitivo che si verifica quando si attribuisce maggiore importanza agli eventi recenti rispetto a quelli passati. Si ha sempre più la memoria corta perché accadono molte più cose quasi in contemporanea, si sovrappongono l’un l’altra facendo perdere il focus sulla realtà attuale. Perché è difficile venire a patti con il concreto presente, a maggior ragione se è meno esteticamente appagante del precedente. È quell’avere ancora negli occhi e nella mente ciò che è appena trascorso, con l’utopia di cristallizzarlo in eterno. Ma quello è il passato. È passato, e lì deve rimanere. Custodito in una teca, in un museo, confinato in uno spazi creato appositamente per distaccarlo da quello che si è oggi. In modo che uno non corrompa l’altro e viceversa. Tutta questa elucubrazione per dire cosa? Che sull’Atalanta, coltivato da noi atalantini in primis, grava un pregiudizio. Inconscio, inconsapevole, involontario, innocente. Pensare che la realtà attuale non sia sostenibile a prescindere solo perché diversa rispetto a quella che ci ha fatto raggiungere le vette della storia nerazzurra è errato.