L’Atalanta torna al Mapei, ma a Reggio Emilia è scoppiata la «guerra del Tricolore»: tutta la storia

storia. La storia di Dino Nikpalj

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“D alla roccia sono sorte gemme”. No, non è un verso di Fabrizio De Andrè, ma il motto sotto lo stemma della città di Sassuolo. “Sic ex murice gemmae” per la precisione, diventato anche il nome di un gruppo di tifosissimi neroverdi. Diciamo quelli più attaccati alle proprie radici e che di continuare a giocare la serie A fuori provincia in quel di Reggio Emilia si dicono stanchi, anche se lo stadio sarebbe di proprietà. Per la precisione di quella Mapei che ha segnato i destini della squadra, portandola dalla C2 fino ai gironi di Europa League e comunque stabilmente in massima serie da ormai 10 anni. L’obiettivo è noto da tempo per chi bazzica in quella parte della provincia emiliana, tornare a giocare davvero in casa, ovvero all’Enzo Ricci, stadio abbandonato nel 2008 dopo la promozione in B. Un concetto che il manipolo di tifosi neroverdi (non numerosissimi ma comunque fedeli) ha più volte espresso anche nel corso della scorsa stagione, con tanto di coro ad hoc ed esposizione di un eloquente striscione: “Stadio Ricci unica casa”. E’ poi inevitabile che la querelle si riaccenda ogniqualvolta la Reggiana torni a farsi sotto di categoria: i granata sono appena tornati in serie B e la compresenza con quelli di Sassuolo non è proprio graditissima, fermo restando che di fatto gli ospiti sarebbero quelli di Reggio. Ciliegina sulla torta, la decisione della Mapei di cambiare qualcosina della facciata dell’impianto nell’ambito di un restyling complessivo: via il Tricolore nella città dove è nato e al suo posto un’opera dell’artista Olimpia Zagnoli che nelle intenzioni del committente dovrebbe esaltare questo concetto tricromatico ma che i reggiani hanno preso come un mezzo affronto. Anzi, tutto intero.