L’Atalanta vince, ma a Caudano non basta per sorridere: troppo forti le ingiustizie di questi giorni. E le descrive in versi

storia.

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O gni tanto, a uno spirito umbratile come il professor Caudano, viene la tentazione dell’ “ubi sunt?”. Che in latino significa “dove sono?” ed è un malinconico luogo comune della poesia medievale, anche goliardica. Tanto è vero che il famosissimo componimento sulla brevità della vita che apre con il motto Gaudeamus igitur ben presto ospita il nostalgico quesito ubi sunt qui ante nos / in mondo fuere?. Già, dove sono coloro che furono nel mondo prima di noi? E davanti alla caducità della vita, ritorna l’invito a gioire dell’attimo, a godere di ciò che offre. Il buon Elvio, in realtà, non è in una taverna con una combriccola di amici: è solo ed ha davanti a sé, sul teleschermo, la partita di Atene, il neroblù dell’Atalanta contro il biancorosso dei padroni di casa. Ma in braccio tiene un pacco di temi avvolti dentro un foglio bianco che li tiene uniti. Li stava correggendo fino al fischio d’inizio, e con la penna rossa, proprio su quel foglio, scrive d’istinto un “ubi sunt?” Quasi scarabocchiato. E poi, sotto, dei versicoli liberi che chiudono in rima. Uno schema disimpegnato che però gli piace.

Dove sono?
Dove sono i nostri attaccanti,
il potente Zapata, il tecnicissimo Luigi,
il giovane Piccoli, il russo amletico,
il nostro attacco ameno
e il magico sloveno?

L’Atalanta non gioca male, ma gli pare acefala. Come un povero pesce senza testa che arriva fino a un certo punto ma poi non sa avanzare, non sa pungere, non sa ferire.