Le città del calcio: Brugge. I nerazzurri del Belgio che sognarono la Coppa Campioni (con un genio in panchina)

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L e birre, le cozze (les moules), le patatine fritte da colesterolo a martello, il cioccolato da urlo e la squadra di calcio. Per la precisione il Club Brugge Koninklijke Voetbalvereniging, nell’impronunciabile fiammingo che rende questa parte del Belgio molto più affine all’Olanda che alla polverosa Vallonia mineraria. In effetti i Paesi Bassi sono a un tiro di schioppo da Brugge (Bruges, se non vi garba il fiammingo): ora ci arrivi con un comodo tunnel sotto il mare, fino a un quarto di secolo fa via chiatta che trasportava le auto da una sponda all’altra di questo braccio del mare del Nord che poi si confonde con le acque dello Schelda, il fiume che lambisce Anversa. Pochi minuti di traversata per arrivare ancora in terra olandese, fino a Sluis, ultimo paese prima del Belgio: un posticino quasi iconico, con mulini a vento e locali proibiti, meta soprattutto dei vicini di casa che così potevano togliersi qualche sfizio – tendenzialmente proibito – semplicemente varcando per pochi metri il confine. Si dice difatti che i belgi siano discretamente puritani, al limite del bigottismo, ma solo a casa loro: passati sul suolo olandese la musica cambia, pare.