Lo Spezia e la storia dello scudetto «fantasma» vinto sotto le bombe nel ’44. Con un allenatore venuto da Bergamo

storia.

Lettura 5 min.

I l pompiere paura non ne ha, come recita il celebre inno del corpo. Però magari rivorrebbe il suo scudetto, quello del Campionato di divisione nazionale del 1944, vinto dai Vigili del Fuoco di La Spezia. Se ci fate caso, sulla maglia dei bianconeri liguri c’è un ovale tricolore con il profilo di una coppa al centro: non è uno scudetto, ma una patch celebrativa che ricorda quel titolo “fantasma” conquistato nel bel mezzo del conflitto e con il Paese spaccato in due.

Ecco, proprio questo è il punto: l’Italia è di fatto divisa, a Sud gli alleati, a Nord i fascisti della Repubblica sociale di Salò ovviamente supportati dalle truppe naziste. In mezzo, ovunque, la guerra. In prima battuta la Figc del regime opta per dei campionati regionali, non escludendo una fase successiva, salvo poi decidere all’inizio del 1944 che le singole vincitrici si sarebbero in effetti sfidate in un torneo finale. Ma il contesto drammatico della guerra, l’avanzata degli alleati, le lotte partigiane e i rastrellamenti nazifascisti rendono il contesto quanto meno aleatorio. A La Spezia, il presidente della squadra di calcio, Coriolano Perioli, viene deportato in Germania: i bianconeri hanno appena chiuso il campionato di B al 6° posto, guidati da due giocatori che segneranno la storia del Grande Torino. Il primo è Eusebio Castigliano, centrocampista di gran classe che troverà la morte a Superga nel maggio 1949 insieme ai suoi compagna: il secondo è un marò tenacemente voluto in Liguria da Perioli, si chiama Riccardo Carapellese, è un prodotto del vivaio granata e sarà uno dei ragazzi del dopo-Superga diventando anche capitano della squadra.