Meteore/5 Che fine ha fatto Ali Adnan? Dall’Iraq all’Atalanta, poi Canada, Olanda e un futuro in sospeso in Russia

storia. Il racconto di Massimiliano Bogni

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U n raccomandato, nipote del secondo miglior marcatore della storia della Nazionale maggiore del proprio paese? Un simbolo propagandistico ad uso e consumo del potere politico per sobillare istinti patriottici da contrapporre all’invasione straniera? Un onesto mestierante del pallone europeo che, tutto sommato, qualcosa al calcio potrebbe ancora darlo? Definire cos’è stato e cosa potrà essere Ali Adnan Kadhim Al-Tameemi è pressoché impossibile, o quantomeno assai variabile a seconda del contesto in cui si decide di valutarlo.

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Ali Kadhim, con 35 reti, è secondo all-time per gol con la maglia dell’Iraq. Sul nipote Ali Adnan, unico tra gli 8 figli del fratello di Kadhim che pare destinato a una carriera da professionista, convergono aspettative, pressioni e privilegi di essere non un figlio ma un nipote d’arte. Nato il 19 dicembre 1993 a Baghdad, è proprio il contesto mediorientale a gettare ombre sul suo legame con al-Qāʿida e le istituzioni governative: cresciuto calcisticamente all’ombra dello stadio al Shaab, teatro delle partite della nazionale e di alcuni tra i massacri più cruenti della guerriglia irachena, la sua presunta volontà di arruolarsi per l’esercito risiede proprio nell’adolescenza vissuta durante l’operazione Enduring Freedom del 2005. Quel che è certo è che, a prescindere dalle foto che lo ritraggono con divisa e fucile in braccio, Ali Adnan è uno dei giovani più amati d’Iraq solo e soltanto per quello che fa sul campo: sino ai 20 anni gioca al Baghdad FC ma, soprattutto, è protagonista principale del Mondiale U-20 di Turchia 2013. Nel girone realizza il pareggio al 93’ dal dischetto contro l’Inghilterra di Harry Kane, nei quarti di finale trasforma il quarto dei cinque tiri dal dischetto che permettono all’Iraq di superare la Corea del Sud e raggiungere per la prima volta nella storia la semifinale del torneo. Segnerà anche quello nella serie, stavolta perdente, contro l’Uruguay, dopo aver mandato la partita ai supplementari con un mancino su punizione di mihajlovićiana memoria. È la combinazione tra un sinistro dinamitardo, un’esuberanza atletica non indifferente e la zona di campo di competenza, quella fascia sinistra che controlla sia attaccando che difendendo, che convincono la dirigenza del Caykur Rizespor a investire €500.000 per il suo cartellino.