Quella fila di carrelli e i pensieri del prof. Caudano. No, la fretta non serve. E spuntano ricordi di imprese atalantine

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T empo che non è normale, in nulla. Il professor Caudano lo vive come può. Il venerdì mattina, cinque lezioni consecutive, al computer, e senza mai interrogare (non lo fa anzitutto perché ritiene che i ragazzi chiusi in casa siano già sufficientemente esasperati, tra fratellini, nonni, genitori a casa dal lavoro; poi, perché ufficialmente l’attività è sospesa e gli pare giusto derogare per offrire un servizio, non per vessare chicchessia; infine, perché un adolescente di oggi, a lui, povero Elvio, con di mezzo un computer può farne di tutti i colori: chissà che bigini 3.0 potrebbe sfruttare...). Ma spiegare a uno schermo per cinque ore, e testi difficili, costa una certa fatica, anche se il professor Caudano sa bene che non è la sua la categoria maggiormente sottoposta a stress. A fine mattinata, esce. Mascherina, borsa della spesa, e via al supermercato, a una decina di munti da casa. Il suo passo un po’ impacciato pare ancor meno sciolto, come se il respiro un poco impedito gli desse affanno. Quando arriva c’è una disciplinata e lentissima coda. Lui è il nono. Ha tempo per guardarsi intono e per pensare.