Quello strano modo di giocare a calcio targato Red Bull: compra, azzera tutto, vince. E quasi incrocia l’Atalanta

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A ttenti al toro. Rosso. Da Mozart a Bach, una storia di sinfonie, toccate e fughe e stecche che parte da Salisburgo e passa per Lipsia. L’ha scritta la Red Bull, azienda austriaca (di Fuschl am See, pochi chilometri fuori Salisburgo) del settore bevande energetiche, un colosso che dà lavoro a 12mila persone in tutto il mondo e che ad un certo punto decide di entrare da protagonista nel mondo dello sport. Prima a tavoletta in formula Uno con quattro titoli costruttori e altrettanti individuali, tutti marcati Sebastian Vettel, poi nel calcio. A gamba tesa. La prima mossa la fa praticamente in casa, comprando nel 2005 lo Sportverein Austria Salisburgo: colori biancoviola, nato nel 1933, fino a quel momento 3 titoli nazionali conquistati tra il 1994 e il 1997 quando interrompe lo storico duopolio viennese Austria-Rapid (con qualche intrusione del Wacker Innsbruck) e arriva pure in finale di Coppa Uefa. Dove nel 1994 incontra l’Inter che vince 1-0 sia al Prater (lo stadio di Salisburgo era troppo piccolo) che a San Siro con reti rispettivamente di Nicolino Berti e Wim Jonk. Per l’olandese equivale ad un certificato di esistenza in vita in maglia nerazzurra.