“L o Shakhtar giocherà al massimo delle sue possibilità. Negli ultimi anni, anche quando le cose non andavano troppo bene in Europa, una squadra favorita l’ha sempre battuta. Il nostro è il club delle sorprese”. Dmytro Durnev, ex direttore di ‘MK Donbass’, è uno dei più competenti giornalisti sportivi ucraini. Quando parla della vittoria della sua squadra del cuore nella finale di Uefa Europa League nel 2009 ad Istanbul, la voce gli trema ancora. Con nostalgia ricorda l’avveniristica “Donbass Arena” – stadio costato 400 milioni di dollari al patron del club, l’oligarca Rinat Akhmetov, e teatro della semifinale del campionato di calcio ‘Euro 2012’ – ormai deserto dal 2014, da quando è incominciata la tragedia russo-ucraina. Anche l’ultra-moderno centro sportivo, creato alle porte del capoluogo secondo le indicazioni dell’allora allenatore dello Shakhtar Nevio Scala, è deserto ed ancora in piedi nonostante abbia subìto dei danni nel corso di passati combattimenti. Prima del 2014 Donetsk, città con oltre un milione di abitanti, era il cuore pulsante dell’economia del Paese per le sue fabbriche e per le sue miniere. Era la “Milano” ucraina come il Donbass era la “Lombardia” della repubblica ex sovietica. E lo Shakhtar era la ciliegina sulla torta, il fiore all’occhiello dell’Est, l’orgoglio del Donbass. Se si visitava il museo del club si restava semplicemente a bocca aperta. “Quest’anno – continua Durnev - il campionato ucraino non è iniziato bene per lo Shakhtar (ndr. vincitore delle ultime due edizioni). Troppe sono state incertezze nel gioco”. E forse troppi i cambiamenti: è uscito di scena Yaroslav Rakitskyi diretto probabilmente in Arabia Saudita; la “stella” – il numero 10 Georgy Sudakov – è stato a lungo sul punto di salutare ed andare a giocare in Premier League; il 34enne capitano Stepanenko è un diesel e sta carburando lentamente; il giovane centrocampista Kryskiv appare ancora acerbo; i brasiliani (ve ne sono 7 nella rosa) non hanno reso come di solito fanno.