Viaggio nel tifo/4 Da Zagabria a Sofia, a Varsavia, il tifo dell’Est non cambia mai: prima di tutto, il nazionalismo

scheda.

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N azionalisti. Molto. E su questo c’è poco da discutere. E anche fermamente intenzionati a occupare la ribalta che un tempo era degli hooligans inglesi, con qualche parentesi (o variazione sul tema) di tedeschi e olandesi. Lo scenario ultrà ad est è di quelli decisamente bollenti, da sempre. Bergamo è stata tra le prime a rendersene conto quando nel settembre 1990, per il primo turno di Coppa Uefa, ha fatto conoscenza con i terribili Bad Blue Boys della Dinamo Zagabria, ora Croazia, allora ancora Jugoslavia, per poco, pochissimo.

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Qualche mese prima al Maksimir di Zagabria era andata in scena quella partita con la Stella Rossa che, secondo molti, rappresenta il punto di non ritorno tra croati e serbi con scontri tra ultras sugli spalti e giocatori in campo. Celebre l’immagine di Boban che sferra un calcio al poliziotto (serbo, come la maggior parte della Milicija schierata in quell’occasione) impegnato a disperdere i tifosi della Dinamo. Tra i Delije, gli ultras di Belgrado, c’è anche la tigre Arkan, al secolo Želico Ražnatović, tra i responsabili dei peggiori massacri del conflitto che ha dilaniato l’ex Jugoslavia. A guerra finita diventa presidente di un’altra squadra di Belgrado, l’Obilić, che porta in Champions dopo la vittoria del campionato: alla sua morte (violenta, hai visto mai…) i laziali esibiscono lo striscione “onore alla tikre Arkan”. In questa storia che guarda a est la curva Nord di Roma farà capolino diverse volte.