Comuni e crisi economica, la Cgil:
più gestioni associate dei servizi

La Cgil lancia la sua proposta ai Comuni per limitare le conseguenze legate alla mancanza di fondi: soluzione, spiega il sindacato, potrebbe essere nell'estensione delle esperienze di gestione associata di alcuni servizi.

La Cgil lancia la sua proposta ai Comuni per limitare le conseguenze legate alla mancanza di fondi: soluzione, spiega il sindacato, potrebbe essere nell'estensione delle esperienze di gestione associata di alcuni servizi.

In una situazione di grave carenza economica per i Comuni e per gli ambiti sociali - si legge in una nota - dovuta ai tagli previsti dalla Finanziaria dello scorso anno, denunciati con fermezza dalla Cgil, lo Spi e la Funzione Pubblica Cgil di Bergamo avanzano la loro idea

«La gestione associata dei servizi fra Comuni - spiegano Gianni Peracchi, segretario generale provinciale dello Spi, e Marco Brumana, segretario generale della Fp-Cgil - può essere fonte di utili economie di scala, senza peraltro ledere l'autonomia politica ed amministrativa delle singole municipalità, che a Bergamo sono ben 244».

Qualche esperienza positiva - si legge nella proposta della Cgil - si è già realizzata nella nostra provincia, a partire dalle politiche degli ambiti per arrivare ad alcune formule di gestione associata ed integrata di servizi come ad esempio le aziende consortili.

«Per la verità rispetto ad altre province lombarde c'è ancora molto da fare e da questo punto di vista si può cogliere l'occasione della previsione normativa di rivedere, entro il 2013, le attuali forme di gestione associata dei servizi (secondo il Decreto Mille proroghe 2011). Con le nuove norme, infatti, dovrebbero “sopravvivere” le aziende speciali consortili e singole, le deleghe conferite alle comunità montane, le istituzioni, le convenzioni, le unioni di Comuni, ecc. Dovrebbero, invece, essere riviste tutte le altre forme societarie».

Questa discussione - prosegue la Cgil - interessa un ambito esteso ed importante, sia in termini  numerici, di addetti, di materie e di servizi, sia in termini economici.

Il sindacato ha realizzato anche una serie di tabelle (nell'allegto): un quadro sperimentale introdotto a partire dai rendiconti 2008, ed ancora in fase di aggiustamento e precisazione. In taluni casi, po­trebbe essere stata incerta l'interpretazione, da parte del singolo ente, di talune voci che compongono il quadro.

Secondo i dati in possesso della Cgil «le amministrazioni comunali contribuiscono per oltre il 75% all'impegno di spesa totale; la quota risulta particolarmente elevata soprattutto in merito alla totale attribuzione, ai Comuni, dei costi e delle spese del bilancio di alcuni enti. Nello spe­cifico questo si verifica per il Comune di Bergamo e l'istituzione per i servizi alla persona, così come per il Comune di Clusone e l'Istituzione Sant'Andrea S.r.l., o per quello di Trescore Bal­neario con la Sodalitas S.r.l. Negli ultimi due esempi riportati si tratta di strutture residenziali e di ricovero per anziani. Quattro enti esterni gestiscono, tra le altre cose, prestazioni d'opera riguardanti asili nido, servizi per l'infanzia e per i minori. Assume rilevanza la gestione dei servizi educativi per l'infanzia, dei servizi e dei progetti per i giovani, oltre che delle attività sportive e del tempo li­bero, da parte dell'Istituzione dei servizi alla persona del comune di Bergamo».

La Cgil conclude dicendosi interessata «sia sotto il profilo degli operatori coinvolti che di quello degli utenti, anziani in modo particolare, ad avviare un confronto in tempi utili, sollecitando le istituzioni a farsi carico del problema: quali e quante forme di gestione associata dei servizi possono essere immaginati in provincia di Bergamo?»

Le proposte di base
Innanzitutto - dice il sindacato - si amplii il volume delle attività gestite insieme da più Comuni, cioè si allarghino le esperienze di gestione associata di alcuni servizi. In secondo luogo, si tenga conto dei dettati normativi per evitare spiacevoli future sorprese, si persegua l'economicità dei modelli, ma, soprattutto, si punti su qualità, accessibilità e universalità delle prestazioni. Insomma il vestito conta, ma lo sostanza ancora di più».

La situazione secondo la Cgil
Nella provincia di Bergamo troviamo complessivamente 75 servizi, riguardanti le attività del settore sociale pubblico, affidati da 68 Comuni a 14 soggetti con bilancio esterno rispetto a quello comunale. La quasi totalità dei servizi riguarda l'assistenza e vari servizi alla persona (66 casi): gli asili nido ed i servizi per l'infanzia ed i minori (5) e le strutture residen­ziali e di ricovero per anziani (3).

Sono spesso i grandi Comuni (Berga­mo, Treviglio, Seriate) insieme ad altri di media dimensione (Albino, Alzano Lombardo, Cara­vaggio, Osio Sotto, Ponte San Pietro) a prediligere forme alternative alla gestione diretta dei servizi in ambito sociale, attraverso la creazione (partecipazione) di aziende esterne ed enti strumentali (come l'Istituzione dei servizi per la persona di Bergamo).

I Comuni più piccoli si indirizzano invece verso altre forme di associazione, come ad esempio l'Unione dei Comuni della Presolana, la delega alla Comunità Montana di Scal­ve o le società d'ambito territoriale per la gestione dei servizi socio-sanitari

Globalmente il costo dei servizi esternalizzati dai Comuni bergamaschi supera i 40 milioni di euro, nei quali confluiscono principalmente i costi derivanti dall'attività svolta dall'Istituzione per i Servizi alla Persona nel Comune di Bergamo (8milioni 756mila euro), dall'Azienda Speciale Consortile Risorsa Sociale Gera D'Adda (6milioni 602mila euro), dell'Ygea S.p.A. (6milioni 560mila euro) oltre che dai Servizi Sociosanitari Val Seriana S.r.l. (4milioni 492mila euro).

Ulteriori dati nelle tabelle allegate

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