Bancari, anziani e professori
ecco il popolo delle bici rubate

Tra telefonate e visite al comando dell'Arma sono più di cento le persone che in due giorni hanno voluto sapere se c'è la loro due ruote tra le otto biciclette sequestrate a un ricettatore. Un'operazione gratificante, confida un carabiniere.

di Stefano Serpellini

Come possano incidere dei banali ladri di biciclette sulla percezione di sicurezza, più che i soliti strali del cittadino spaventato o del politico furbo, lo dimostra una scena minima. Quella dell'anziana signora che ieri mattina ha parcheggiato la vecchia Graziella, presumibilmente riesumata da qualche polveroso scantinato, assicurandola con un lucchetto che sarà costato (al netto del valore affettivo) molto più della bici.

Lo ha fatto davanti al comando provinciale dell'Arma in via delle Valli, che - a logica - dovrebbe essere uno dei posti più sicuri. Ma la fobia del furto, tra i proprietari di due ruote a pedali, è ormai consolidata da tempo.

In più di 100 a reclamare le bici
La pensionata faceva parte della processione di persone, più di cento tra mercoledì e ieri, che s'è presentata o ha telefonato chiedendo di visionare le otto biciclette (sette city-bike e una mountain) sequestrate a un ucraino dai carabinieri del nucleo operativo radiomobile di Bergamo. Ferraglia piuttosto costosa (ma il ricettatore sgancia non più di 20 euro), rubata tra la città e l'hinterland: doveva essere spedita oltre frontiera, invece adesso giace nel cortile della caserma.

L'appello via carta stampata e web, che i militari hanno lanciato ai legittimi proprietari, ha scatenato il finimondo. «Non credevamo a tutti questi contatti, fatichiamo a starci dietro – confessa un carabiniere –. Ma le assicuro che è più gratificante di certe operazioni anti-droga, perché quando restituisci qualcosa che è stato sottratto, vedi la soddisfazione sul volto della gente. E, sinceramente, io così tanti "grazie", anche da chi se ne è andato a mani vuote, non li ho mai sentiti».

Quattro le bici riconosciute
Quattro quelli che hanno riconosciuto il maltolto: tre avevano la denuncia, il quarto una memoria e un'attenzione per il particolare che sarebbero utili in qualche indagine più delicata. «Il signore – racconta il militare – non aveva il verbale, ma ci ha detto che la sua bici aveva i pedali danneggiati e una striscia di ruggine sul manubrio dove era solito appoggiare la catena. Era impossibile che non fosse sua. Quando sarà dissequestrata provvederemo a restituirgliela, così come accadrà per gli altri tre signori».

Tra la folla di derubati venuti a reclamare la propria bicicletta, c'è di tutto. Dalla signora che ha telefonato chiedendo se c'era la bici da corsa in carbonio da 11 mila euro regalata al marito per l'anniversario di matrimonio, alla donna a cui avevano rubato quella elettrica, fino al tipo che ha quasi riconosciuto la sua e dopo l'ispezione se n'è andato dicendo che forse è quella di un amico.

Si sono anche create delle fasce orarie, che ricordano un po' quelle degli spettatori tv. La mattina al comando bussano per lo più pensionati e casalinghe, in pausa pranzo impiegati e operai, il pomeriggio studenti e qualche straniero. «Nessuno ha cercato di fare il furbo», assicurano negli uffici di via delle Valli, quando sono le 14 e il telefono è bollente. Sotto, dal piantone, almeno altre cinque persone stanno attendendo.

«A me ne hanno rubato una city-bike e prima una mountain-bike», spiega un bancario di 42 anni esibendo i verbali di denuncia. Il carabiniere scuote la testa, ma non rinuncia ad accompagnare l'uomo davanti alle otto bici. «Ecco, potrebbe essere quella – indica il bancario – però quell'adesivo non c'era». «Guardi che quella è la marca della bici», risponde paziente il militare. «Ah! E quella là? Faccia un po' vedere!», incalza l'impiegato.

Il popolo dei ciclisti da passeggio
Ma neanche stavolta il riconoscimento va in porto e, forse per mitigare la delusione, chiede se possono essere acquistate. «Se alla fine ne resta qualcuna che non è reclamata, le metteremo all'asta», risponde il carabiniere.

Il bancario nell'attesa ha intanto fatto conoscenza con una ex professoressa, che s'è presentata con le foto di una scampagnata su due ruote, ma che si arrende subito e ringrazia per la disponibilità. Ecco, è un popolo che solidarizza, quello dei ciclisti da passeggio. Mentre aspettano di entrare si scambiano consigli su catene e lucchetti e parlano delle precedenti bici rubate contriti, come se stessero ricordando un lontano parente defunto.

Le conclusioni non sono però sempre le stesse. Indignato, il bancario: «Non si può vivere così, siamo terrorizzati. Non ci sentiamo tutelati». Filosofica, l'ex insegnante: «Io penso che nella vita qualcosa debba andare storto. E fra una malattia e il furto di una bici, io scelgo quest'ultimo».

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