Moduli stampati in Bergamasca
usati in una truffa da 4 milioni

La mente era un impiegato di banca, i gregari un paio di imprenditori e un gruppo di campani, alcuni vicini alla camorra, che hanno imposto al gruppo la loro «legge» nella truffa da 4 milioni di euro ai danni del Banco di Napoli. I moduli utilizzati erano stampati in Bergamasca.

La mente era un impiegato di banca, i gregari un paio di imprenditori e un gruppo di campani, alcuni vicini alla camorra, che hanno imposto al gruppo la loro «legge» nella truffa da 4 milioni di euro ai danni del Banco di Napoli, in parte andata a buon fine.

La truffa è stata scoperta dalla squadra mobile di Venezia che ha notificato  13 provvedimenti restrittivi tra Veneto, Campania e Puglia. Poteva essere un colpo più consistente se un 34enne di San Stino di Livenza (Venezia), impiegato della Banca del Veneziano, dopo aver subito un pestaggio così violento da fargli saltare un dente con il calcio di una pistola, terrorizzato e piuttosto malconcio, non si fosse rivolto alla polizia.

L'uomo però avrebbe raccontato solo mezza verità, perchè la vera storia l'ha scoperta poi la Mobile lagunare. Epicentro della vicenda, un bar di San Stino di Livenza, il cui proprietario, 36 anni, ha problemi finanziari come altri suoi clienti, tra cui un imprenditore edile 45enne di Eraclea (Venezia), un napoletano trapiantato in Veneto , 36 anni, pure di Eraclea; come un leccese di 55 anni o un muratore albanese 34enne, residenti rispettivamente a San Stino ed Eraclea.

A mettere in moto tutto è l'imprenditore che fa sapere in giro di aver moduli in bianco del Banco di Napoli, intercettati dopo che erano stati stampati da una tipografia bergamasca. L'impiegato di banca sa come fare e si adopera per trovare dei beneficiari, perchè in «palio» c'è un 15% per ognuno della cricca sull'intero importo.

Così due personaggi, entrambi in crisi, si prestano a mettere a frutto la truffa: il primo aprendo un conto a San Donà e versando con gli assegni rubati oltre 700 mila euro - somma poi trasferita come beneficiari ai campani - il secondo con un conto alla Barkley Bank a Treviso.

Quella della Banca del Veneziano è la terza tappa, dove l'impiegato bancario sceglie di «appoggiars» a una coppia di correntisti a loro insaputa. Ma il movimento viene bloccato dal direttore, che sebbene fosse in ferie quel giorno, il 2 marzo scorso, fa un salto in banca, nota lo strano movimento e decide di annullarlo.

Per il bancario cominciano i guai, visto che non viene creduto dai suoi soci napoletani i quali pensano invece che lui si sia tenuto tutto. Gli danno 24 ore di tempo per restituire loro un milione come risarcimento per il mancato esito dell'affare; per convincerlo lo sequestrano e lo picchiano. «Noi siamo una famiglia. Tu sei solo. Ti possiamo fregare quando e come vogliamo», gli dicono, minacciando di ucciderlo e mettendogli la canna della pistola nella bocca.

A quel punto, l'impiegato bancario intuisce che la sua vita è in pericolo e corre dalla polizia. Le indagini portano poi alla ricostruzione dell'intero intreccio a fini truffaldini e ai provvedimenti odierni, chiesti dal pm della Dda di Venezia Roberto Terzo e firmati dal gip Michele Medici. Le accuse sono di estorsione aggravata, porto di armi da sparo, ricettazione, truffa, lesioni gravi, falso, commessi con l'aggravante delle modalità mafiose (416 bis).

Provvedimenti eseguiti con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato (Sco) e con la collaborazione delle squadre mobili di Lecce, Napoli e Caserta.

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