La geopolitica
della misericordia

La tempistica e quell’elenco in ordine non alfabetico. Sono questi i due elementi sui quali ragionare per rintracciare il significato non solo religioso, ma anche geopolitico, della scelta di Bergoglio di annunciare ieri a sorpresa il Concistoro. Va nella direzione di quella «geopolitica della misericordia» che è il tratto essenziale che ha guidato l’azione del Papa in questo Giubileo. Il primo dell’elenco è il nunzio apostolico in Siria, monsignor Mario Zenari.

E l’annuncio viene esattamente il giorno dopo del veto posto dalla Russia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ad una risoluzione che prevedeva la fine dei bombardamenti russi sulla città di Aleppo in Siria e una nuova tornata di negoziati. Francesco è l’unico leader mondiale a parlare con chiarezza sulla drammatica situazione nel Paese. Lo ha definito anche ieri Paese «martire» e ha già annunciato che pregherà per la Siria nel viaggio che compirà in Svezia alla fine di ottobre, come ha fatto nella recente missione in Caucaso. Ora per rafforzare il suo messaggio ha deciso di creare cardinale il suo ambasciatore a Damasco.

Non era mai accaduto che un nunzio venisse elevato alla porpora cardinalizia per il suo impegno sul campo. In realtà anche Angelo Roncalli ottenne la berretta mentre era nunzio apostolico a Parigi, ma per essere subito dopo trasferito al Patriarcato di Venezia. Invece Zenari resterà, ha precisato ieri il Papa, al suo posto a Damasco. Così l’unico precedente si può rintracciare nella nomina a cardinale del vescovo di Sarajevo monsignor Vinko Puljic a soli 49 anni, da parte di Giovanni Paolo II durante l’assedio della capitale bosniaca il 26 novembre 1994, come segno della vicinanza del Papa alla popolazione. La porpora a Zenari è come un ultimo drammatico appello. Non più di dieci giorni fa Zenari era stato in Vaticano per un incontro sulla crisi umanitaria al quale aveva partecipato anche l’inviato delle Nazioni Unite Staffan de Mistura, aperto proprio da un intervento del Papa.

La Chiesa cattolica l’anno scorso ha speso oltre 150 milioni di dollari in aiuti umanitari per la popolazione siriana raccolti tra le Conferenze episcopali di tutto il mondo e soprattutto è l’unica organizzazione, se così si può dire, che si batte da cinque anni contro l’indifferenza per una guerra senza regole, dove il conto più tragico lo stanno pagando i bambini. Zenari non si è mai stancato di denunciare atrocità da parte di tutti e le continue violazioni anche del diritto umanitario internazionale. Sono ormai più di mille gli operatori umanitari uccisi dalle bombe in Siria. La Siria è in cima alle preoccupazioni del Papa e la Siria è anche in cima alla lista del nuovi cardinali. Subito dopo c’è il vescovo di Bangui che a soli 49 anni sarà il più giovane elettore in un ipotetico Conclave. E anche il Centrafrica è un «Paese-segno» nella geopolitica di Bergoglio. Lì tre leader religiosi, il vescovo cattolico, l’imam musulmano e il pastore protestante, sono riusciti a mettere d’accordo etnie, religiosi e partiti politici che si combattevano da vent’anni in una anch’essa dimenticata guerra civile. In Centrafrica li chiamano i santi di Bangui. È un Paese poverissimo, dove tuttavia la pace costruita pezzo per pezzo sulla base dello Spirito di Assisi, sta dando frutti e segna una differenza nei conflitti locali in Africa.

Il presidente centrafricano Touadéra ha partecipato al recente incontro di Assisi. La Santa Sede sta aiutando, insieme all’Italia, il piccolo Paese e la porpora al vescovo Nzapalainga, insieme alla scelta del Papa di aprire il Giubileo a Bangui, è la conferma che dalle periferie del mondo può venire qualcosa di nuovo e decisivo.

Non c’è l’Italia tra le nuove porpore. Nessuna sede considerata tradizionalmente cardinalizia, tra cui Palermo, Bologna e Torino, avrà nel prossimo Concistoro la berretta rossa. Bergoglio conferma dunque il suo orizzonte. Guarda all’Asia, deve si recherà ancora l’anno prossimo e fa cardinale il vescovo di Dacca in Bangladesh, una delle tappe del suo viaggio insieme all’India, che mai aveva avuto un cardinale e il vescovo di Port Luois, isole Mauritius in pieno Oceano indiano, insieme a quello di Port Moresby, Papua Nuova Guinea. Anche il Messico dove si continuano a contare morti ammazzati tra il clero e i catechisti avrà un cardinale in più. Infine l’Albania con don Ernest Simone imprigionato e torturato nelle carcere comuniste di Enver Hoxha, l’ultimo sopravvissuto a quelle persecuzioni, la cui storia aveva commosso Papa Francesco nel viaggio in Albania.

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