Trattative per far rientrare l’attivista
Che però dovrà rifondere le spese

In queste ore gli uomini della Farnesina sono al lavoro per cercare di riportare a casa Alessandro De Ponti. Il 23enne è in stato di fermo a Erbil e le sue condizioni di salute sono buone: ha una leggera ferita a una spalla, è stato dimesso dall’ospedale e si trova in un edificio istituzionale curdo.

De Ponti ha rassicurato la madre attraverso alcuni messaggi inviati via Messenger di Facebook ma la preoccupazione, ora, è per la sua posizione giudiziaria. L’attivista infatti è stato fermato giovedì pomeriggio a un posto di confine con la Siria, insieme a tre ragazzi stranieri, mentre cercava di entrare nel Kurdistan iracheno per verificare la situazione della popolazione e portare la sua solidarietà al popolo curdo. Non aveva però i documenti ed è stato bloccato e ferito a una spalla dalla polizia del Pdk, il Partito democratico del Kurdistan.

È stato quindi portato in ospedale a Erbil, la capitale, per essere medicato e ora è in stato di fermo. Il capo dell’Unità di crisi della Farnesina, Claudio Taffuri, ha precisato che è stato visitato da un medico e gli vengono forniti tutti i comfort. Cosa può succedere ora? Le ipotesi sono diverse: gli iracheni potrebbero decidere di processarlo ed espellerlo oppure espellerlo e rimandarlo in Italia a condizione che venga giudicato nel nostro Paese. La Farnesina sta appunto lavorando per questa seconda opzione e pare che la prossima settimana De Ponti possa essere rimpatriato.

Intanto la procura di Roma ha aperto un fascicolo senza ipotesi di reato e senza indagati sul ferimento del giovane, che una volta in Italia sarà sentito sui motivi del viaggio e sulle circostanze del suo ferimento. Arrivato a casa, però, lo scenario rischia di complicarsi ulteriormente, perché secondo la nuova legge antiterrorismo del 17 aprile 2015 dovrà rifondere le spese sostenute dallo Stato per riportarlo a casa.

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