Yara: «L’urlo di aiuto e il furgone»
Le indagini concentrate sul mezzo

«Ero uscita in strada a portare la spazzatura. La mia attenzione è stata attirata da un urlo proveniente dall’interno di un furgone bianco che stava transitando in quel momento. Era una voce femminile, io ho sentito solo “...aami”, che ho interpretato come la parte finale di “lasciami”».

«Ero uscita in strada a portare la spazzatura. La mia attenzione è stata attirata da un urlo proveniente dall’interno di un furgone bianco che stava transitando in quel momento. Era una voce femminile, io ho sentito solo “...aami”, che ho interpretato come la parte finale di “lasciami”».

Erano le 18,59 del 26 novembre 2010, Yara era già nelle mani del suo assassino. La testimone di Ambivere che aveva reso la testimonianza ai carabinieri era sicura dell’orario perché di lì a poco sarebbe iniziato il tg delle 19 che seguiva quotidianamente. Lì per lì la signora non s’era insospettita, l’aveva liquidata al massimo come una lite tra fidanzati.

Ma quando, due giorni più tardi, su stampa e televisioni era apparsa la notizia della scomparsa di Yara, s’era ricordata dell’episodio e aveva deciso di andarlo a denunciare.

Non è da annoverare tra i mitomani che hanno farcito l’inchiesta con le loro segnalazioni: la donna è stata ritenuta sin da subito seria e attendibile. Non è escluso che possa essere risentita nei prossimi giorni dagli inquirenti, che potrebbero sottoporle la foto del Fiat Daily di Massimo Bossetti. Il quale è però verdino e cassonato e non bianco e chiuso come quello che aveva notato ad Ambivere quella sera di quattro anni fa.

Gli inquirenti si stanno concentrando sui mezzi del presunto omicida. Si è già appurato che i sedili del furgone non sono stati sostituiti in questi quattro anni. Martedì a Parma, nei laboratori del Ris è invece in programma l’incidente probatorio sul Fiat Daily e sulla Volvo V40 sequestrati a Massimo Bossetti. Si cercano tracce di sangue o di altra sostanza organica appartenenti alla ginnasta uccisa. Se venissero trovate, sarebbero la pistola fumante capace di inchioda il fermato alle sue responsabilità.

Leggi le due pagine dedicate alle indagini su L’Eco di Bergamo del 26 giugno

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