«Lavoro nero» o irregolare
In Bergamasca sono in 32 mila

Almeno 30 - 32 mila: a tanti ammonterebbero - nella nostra provincia - i lavoratori in nero o irregolari. Nel settore agricolo ne sono stimati almeno 400, in edilizia 5.000, nell'industria almeno 10-11 mila, nei servizi tra i 15 e i 16 mila soggetti.

Almeno 30 - 32 mila: a tanti ammonterebbero - nella nostra provincia - i lavoratori in nero o irregolari, stando almeno alle stime rese note dall'Istat. Nel settore agricolo ne sono stimati almeno 400, in edilizia 5.000, nell'industria almeno 10-11 mila mentre nei servizi si toccano punte comprese tra i 15 e i 16 mila soggetti.

Dagli ultimi dati disponibili grazie alle indagini coindotte dagli enti ispettivi - inoltre - risultano irregolari nella Bergamasca 2.052 aziende - il 54,1% di quelle ispezionate -, e 1.432 lavoratori in nero (il 27,6% delle irregolarità totali).

Ed è proprio per contrastare il lavoro nero, gli uffici vertenze di Cgil, Cisl e Uil hanno scvelto una linea comune di impegno. «La lotta contro il lavoro nero rappresenta una delle azioni indispensabili della nostra attività, uno stimolo alle Istituzioni perché scelgano la misure più efficaci per contrastare il problema, e un monito a quanti aiutano a ingannare e a eludere le leggi». Gli uffici vertenze provinciali di Cgil, Cisl e Uil lanciano così la loro battaglia, «forti» di numeri che non lasciano spazio a dubbi rispetto alla vulnerabilità del sistema economico bergamasco: il lavoro nero, nonostante il calo occupazionale, non diminuisce, anzi in alcuni settori come l'edilizia ed il terziario sembra l'unica possibilità di lavoro.

I casi di lavoro nero trattati in questi anni dagli Uffici Sindacali rappresentano il 13% del totale delle vertenze aperte. E i casi intercettati hanno coinvolto una popolazione variegata: 4% nell'edilizia, 2% nel meccanico, 6% nel terziario e 1% nei trasporti.

«Vogliamo assumere l'obiettivo di aumentare il contrasto del fenomeno del lavoro nero disincentivando le aziende dall'utilizzo irregolare di lavoratori che non potranno più percorrere esclusivamente la strada della monetizzazione per sanare le irregolarità, stimolando inoltre l'intervento delle istituzioni» dicono i tre responsabili provinciali degli Uffici Vertenze Carmelo Ilardo, per la Cgil, Giuseppe Vanini per la Cisl e Claudio Lodi per la Uil.

«La nostra azione diventa anche una necessità per far fronte alla situazione di crisi economica e produttiva (crisi che anche dall'osservatorio degli uffici vertenze non si può proprio dire “passata”). Come dimostrano l'aumento delle vertenze aperte nel corso del 2010 pari ad oltre il 10% e delle società fallite pari a n 180 ditte sino alla fine di settembre con una media di 20 aziende al mese ed un + 15 % circa sul precedente anno che aveva visto già un + 36% sul 2008. Come si può notare c'è ancora un ampio margine per un'azione ispettiva coordinata ed omogenea mediante interventi volti a potenziare gli interventi repressivi e gli interventi preventivi, ma soprattutto la diffusione della cultura della legalità».

«Riteniamo che si renda necessario – è il pensiero di - un recupero del ruolo del CLES (Comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso) per un effettivo monitoraggio della lotta al lavoro nero e all'evasione e elusione contributiva e per definire in modo più approfondito verso quali settori e comparti concentrare l'attività di controllo degli enti ispettivi. Inoltre occorre una iniziativa da parte di tutte le parti sociali tesa a definire e indicare gli interventi per una vera competizione basata sull'effettiva capacità imprenditoriale e non sul versante dell'irregolarità che rischia di mettere in difficoltà le imprese regolari».

Particolare attenzione riveste tutto l'ambito degli appalti e delle terziarizzazioni, dove si propone la definizione di un codice etico per evitare la rincorsa al massimo ribasso con tutte le ricadute sul versante della regolarità contributiva, contrattuale e sulla sicurezza.

«Per dare pieno sostegno a un rinnovato impegno unitario di Cgil, Cisl e Uil, inizieremo una collaborazione più stretta e assidua con l'Ispettorato del lavoro Locale, al fine di sensibilizzare anche altre associazioni (datoriali, di categoria, professionali) per stabilire metodi e strade condivisi».

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