Dipendenti «privatizzati»:
la Cisl vince in Tribunale

«Non si perde lo status di “pubblico”, anche se si lavora in un'azienda privatizzata». È il senso di una sentenza che la Cisl di Bergamo definisce «un'importante partita giuridica vinta, che restituisce ai lavoratori un diritto che sembrava perso».

«Non si perde lo status di “pubblico”, anche se si lavora in un'azienda privatizzata». È il senso di una sentenza che la Cisl di Bergamo definisce «un'importante partita giuridica vinta, che restituisce ai lavoratori un diritto che sembrava perso e che non ha trovato, in passato molti sostenitori, neppure nel sindacato.

La Cisl Fp di Bergamo - spiega un comunicato - ha invece testardamente seguito la propria convinzione che un dipendente pubblico, divenuto tale perché ha vinto un concorso, non perda questo suo status anche se l'azienda nella quale è assunto viene «privatizzata» (come successo a esempio alle Ipab del nostro territorio, divenute Fondazioni), e quindi debba mantenere il diritto a eventuali mobilità verso altri istituti pubblici (ospedali, Asl, ecc…).

Scrive la Cisl: il Tribunale di Bergamo, nella persona del giudice Antonella Troisi, ha così stabilito che una lavoratrice del Gleno, assistita dalla Fp Cisl, potesse concorrere a un avviso di mobilità degli Ospedali Riuniti, perché “è principio inderogabile che il personale transitato nel nuovo regime (azienda privatizzata, o depubblicizzata) conservi le prerogative connesse con lo status di pubblico dipendente, tra le quali certamente rientra quella di poter essere assunto per mobilità presso altri enti della Pubblica Amministrazione”.

Così, nonostante i molti ostacoli posti alla soluzione della vicenda anche da parte della Funzione Pubblica della Cgil di Bergamo, che di fatto ha consentito alla Azienda Ospedaliera di bloccare la mobilità della dipendente, oggi «possiamo guardare con maggiore serenità al futuro – dicono alla Cisl Fp-  sapendo di poter garantire ai molti lavoratori assunti dietro concorso pubblico in una Ipab o altre strutture allora pubbliche e oggi private, e spesso concentrate nello snellimento dei costi del personale, di poter accedere a avvisi di mobilità in altre strutture sanitarie pubbliche».

Nel 2003 la legge regionale 31 indirizzava le Ipab alla depubblicizzazione; il personale, all'epoca assunto attraverso il pubblico concorso, nella stragrande maggioranza dei casi in provincia di Bergamo e diventato dipendente di fondazioni private. «Secondo il nostro modesto parere, in virtù anche del fatto che il passaggio da dipendenti di un'azienda pubblica a privata non era stato scelto ma subito, i lavoratori avrebbero mantenuto lo stato giuridico di pubblico dipendente acquisito all'atto dell'assunzione.
Per questo abbiamo sempre sostenuto che la richiesta di mobilità, ad esempio dal Gleno verso gli Ospedali Riuniti o il Bolognini o altra azienda sanitaria fosse legittima».

Quando nel 2007 alcuni lavoratori, anche in previsione degli esuberi che poi hanno portato alla dichiarazione di mobilità fatta dalla Fondazione del Gleno nel 2009, hanno inoltrato domanda di mobilità nelle aziende ospedaliere, la CGIL è intervenuta presso le amministrazioni con una sorta di diffida alle stesse ad accogliere queste richieste, in quanto la procedura sarebbe stata illegittima; ovviamente la loro tesi era camuffata da "tutela dei lavoratori" .
Anche per questo motivo, solo alcune mobilità hanno ottenuto perfezionamento, mentre molte sono state bloccate.

Per questo una sentenza che riconosce ad una ex lavoratrice del Gleno il mantenimento dello status di pubblico dipendente e le prerogative connesse «è una grande vittoria che vogliamo far conoscere a tutti, della quale ci assumiamo il "merito", anche a fronte dei molti contrasti che la vicenda ha aperto, con colleghi sindacalisti che sono arrivati anche a schernirci e che ora magari tenteranno di vendere le nuove possibilità che questa sentenza apre ai lavoratori come merito proprio».

«Quella che ha portato a questa sentenza e' stata una vertenza importante sulla linea della difesa del principio – dice Mario Gatti Segretario Generale della Federazione –. Alla faccia di quel sindacato che a parole sciopera, contesta e non firma nel nome dei diritti dei lavoratori… Se la nostra tesi fosse stata accolta dalle amministrazioni e condivisa dai colleghi della Cgil allora, si sarebbero potuti tutelare meglio gli interessi di tanti lavoratori in difficoltà di occupazione. Abbiamo perso tanto tempo, facciamo in modo di non ripetere altri errori, partendo tutti, noi e la Cgil dalla convinzione che ancora una volta la Cisl aveva ragione».

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