La scuola non prepara al lavoro
La Cisl: tanti i mestieri introvabili

Una scuola davvero moderna ed efficiente è quella che sa interpretare i bisogni del mondo produttivo, permettendo ai giovani di non vedere frustrate le loro aspirazioni. Attese ancora lontane dall'essere completamente ripagate. Lo dimostra una ricerca della Cisl.

Una scuola davvero moderna ed efficiente è quella che sa interpretare i bisogni del mondo produttivo, permettendo ai giovani di non vedere frustrate le loro aspirazioni. In Bergamasca queste attese sono ancora lontane dall'essere completamente ripagate.

Lo dimostra una ricerca messa a punto dalla Cisl provinciale che verrà presentata domani mattina all'Università, all'interno di un convegno dal titolo: «Il lavoro che si Forma». L'obiettivo è quello di intensificare il dialogo costruttivo tra mondo della scuola e mondo del lavoro, con un interscambio continuo e più strutturato. Anche perché ad oggi le criticità non mancano:  secondo la ricerca infatti, il sistema scolastico della provincia presenta tassi di insuccesso e di irregolarità tra il 20% e il 45%.

«Per questo motivo - spiega Francesco Corna della segreteria Cisl - intendiamo proporre una rete con protagonisti tutti gli attori della filiera formazione- scuola-lavoro, dagli istituti ai sindacati, dagli enti alle associazioni del territorio, che faccia da collegamento più puntuale tra offerta scolastica e mondo produttivo, favorendo stage e avviando sperimentazioni sui processi di alternanza scuola-lavoro».

Una necessità sempre più sentita anche perché tanti, troppi ragazzi gettano la spugna prima del tempo, e lo fanno soprattutto dove i livelli di ingresso sono medio bassi. L'eliminazione della qualifica triennale nell'istruzione professionale ha inoltre determinato uno spostamento di studenti alla formazione tecnica, con aumento del gap tra competenze iniziali e traguardi formativi. Altra pecca di un sistema per certi versi «strabico», perché non mette sufficientemente a fuoco le reali necessità produttive del territorio, è legata alla continua crescita di iscrizioni a corsi con indirizzo sociale, linguistico, turistico e dei servizi, mentre non aumentano le iscrizioni agli istituti tecnici industriali.

I profili difficili da reperire, spiega la ricerca sono assolutamente trasversali, perché vanno dagli operai specializzati ai tecnici progettisti, dagli ingegneri agli infermieri specializzati fino agli operatori turistici e a una serie di artigiani ormai quasi introvabili (falegnami, fabbri o calzolai). La poca chiarezza circa i profili in uscita di alcuni percorsi e la carenza di un vero sistema di orientamento legato ai fabbisogni rischia poi, secondo lo studio Cisl, «di aumentare la frustrazione di chi si impegna negli studi ma non trova sbocchi adeguati, determinando uno spreco di risorse e talenti».

Industria, posti in calo
Sul fronte dei posti di lavoro i primi a risentire in maniera netta di una perdita di posti sono i settori dell'industria e delle costruzioni, ma anche le basse qualifiche e in generale i giovani under 30 (tenuti sulla porta d'ingresso o inseriti a tempo determinato, per non parlare di chi non studia o non cerca più lavoro). Un dato che evidenzia l'emorragia di posti è anche quello degli iscritti ai vari Centri per l'impiego della Provincia, passati dai 42.444 del 2008 ai 62.698 del 2011.

Questa diminuzione quantitativa di posti è bilanciata in parte da assunzioni qualitative: nel 2012 più laureati (dall'11,1 al 13,1 %), più diplomati (dal 38,5 al 45,9%) e qualifiche professionali (dal 12,2 al 14,6% ). Un dato positivo questo, anche se le nuove offerte formative ed in particolare i mutamenti della riforma Gelmini hanno confermato, secondo la ricerca Cisl, «alcune distanze tra le attese dei giovani diplomati e le aspettative delle imprese».

«In un momento così difficile a causa della crisi - aggiunge Corna - si rendono necessarie azioni di raccordo, partendo da una attenta e puntuale analisi delle scelte scolastiche delle nuove generazioni. Occorre rendere il sistema formativo più flessibile, eliminando alcune incongruenze. Per esempio, chi frequenta oggi un liceo è praticamente "obbligato" a proseguire gli studi, non avendo sbocchi pratici se non l'università. D'altro canto, chi frequenta invece le scuole di formazione professionale deve avere gli strumenti necessari per poter continuare gli studi, cosa oggi quasi proibitiva: occorre rompere questi schemi troppo rigidi, favorendo un rapporto più stretto tra scuola e impresa».

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