Anche Bergamo promuove il distretto del latte

È stata definita la «milk valley». Tecnicamente sarà un «distretto del latte». Ci stanno lavorando le province di Brescia, Bergamo, Cremona, Mantova e Lodi, che insieme producono quasi il 35% degli oltre 111 milioni di quintali di latte italiano e più di tre quarti di quello lombardo, che supera i 43 milioni di quintali l’anno.

A fare da apripista è Brescia, dove nei giorni scorsi si è svolta una riunione per mettere a punto il progetto. Per Bergamo ha partecipato l’assessore provinciale all’Agricoltura, Luigi Pisoni. «Si prevede di creare una cordata tra amministrazioni provinciali e rappresentanti dell’imprenditoria lattiero-casearia», spiega. Il primo passo sarà istituire un comitato promotore. «Vorremmo darci tempi brevi - aggiunge - per seguire un percorso parallelo all’attuazione del Piano di sviluppo rurale 2007-2013».

L’obiettivo è dare uno strumento in più a un sistema importante per l’agricoltura regionale. «La Lombardia - dice - è la regione leader nel panorama nazionale: produce infatti il 40% del latte italiano. A fronte però di strutture produttive all’avanguardia in Europa, c’è una scarsa valorizzazione sul mercato. Quindi il tentativo è creare le condizioni, attraverso uno strumento istituzionale, per aiutare il settore in termini di promozione». Il distretto del latte, che si ispira ai distretti agroalimentari previsti dalla legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo del 2001, avrà quindi il compito di pensare progetti di sostegno del territorio. «Sarà uno strumento per valorizzare prodotti destinati, come accade in genere per le materie prime di base, ad un apparente anonimato commerciale», dice Pisoni.

Un’occasione in più anche per il sistema lattiero-caseario bergamasco che può contare su un patrimonio bovino di oltre 63 mila vacche da latte, per lo più di razza frisona italiana e di razza bruna, allevate in 972 allevamenti con una produzione annua di 3,7 milioni di quintali di latte. Un’attività concentrata soprattutto in pianura, con il 68% della produzione, contro il 21% della fascia cittadina e collinare e l’11% della montagna.

(31/01/2008)

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