Perofil punta sui marchi di proprietà
«Chiuso Zegna, spinta su Bikkembergs»

Perofil chiude la licenza con Zegna per la produzione di intimo dopo nove anni: un legame che ha portato l’azienda di via Zanica a Bergamo a crescere e internazionalizzarsi.Lo annuncia Alberto Perolari, amministratore delegato, a pochi giorni da Pitti Uomo.

Cosa succede ora?


«La scadenza è fissata al 30 novembre. Consegneremo la collezione invernale 2016 e il riassortimento del continuativo. Poi il marchio passerà alla Isa Seta (società brianzola guidata dal bergamasco Giovanni Cagnoli che ne è presidente e dalla moglie Mila Zegna che ne è amministratore delegato, Ndr)».


Come si è arrivati alla chiusura?

«Abbiamo valutato la possibilità di un rinnovo, l’azienda stessa ce l’ha chiesto, ma non potevamo proporre un business plan con numeri superiori a quelli già previsti: siamo stati coerenti con le nostre stime e con la visione del nostro mercato. Credo che ci si aspettasse un progetto più ambizioso ma in questo momento, nella concretezza delle nostre previsioni, non era fattibile. Da qui la nostra decisione di non rinnovare: non abbiamo voluto rilanciare. Secondo noi al momento non ci sono spazi per piani di crescita al riguardo e i nostri obiettivi imprenditoriali vanno in un’altra direzione».

Zegna è stata la vostra prima licenza. Cosa ha significato?
«Sicuramente una crescita nello sviluppo di prodotto, nella nostra internazionalizzazione: con Zegna ci siamo aperti a 60 Paesi del mondo, con sinergie distributive delle quali ha beneficiato anche Perofil. Dall’altro lato anche Zegna è cresciuto come marchio tessile grazie alla nostra competenza nel settore, alla storia di Perofil e alla sua forza in ambito stilistico. Siamo cresciuti insieme».

In termini di fatturato?
«Zegna sta attualmente coprendo il 20%, un valore stabile in questi ultimi anni. Nel frattempo è cresciuta la forza di Perofil e di Luna di Seta, un incremento che ci ha permesso anche di fare la scelta di non rilanciare sulla licenza».
Si sta guardando in giro?
«Altre licenze? Non lo escludo, il mercato è molto dinamico in questo periodo, marchi ce ne sono. Penso a licenze di altri brand di underwear ma anche a realtà in vendita. Sono valutazioni complesse e molto lunghe, ma stiamo investendo sulla la crescita dei marchi di proprietà».
È un cambio di strategia?
«È una necessità per un’azienda come la nostra che ha una storia importante, un marchio interno da cui è partito tutto: se fossimo stati solo dei licenziatari, non avremmo avuto negli ultimi anni potere di investimento e di scelta. Se le licenze pesano troppo sul fatturato, la salute di un’azienda è a rischio. Ma la forza di Perofil ha permesso tutto quello che la nostra azienda ha fatto. Quindi dobbiamo sempre partire da Perofil che ci sta portando ottimi risultati, soprattutto grazie alla linea Hommewear Perofil: abbiamo chiuso l’inverno a +10% rispetto lo scorso anno, abbiamo un nuovo stilista, Marco Cagnina, che arriva dal gruppo Perla. Cresciuto molto bene anche il settore delle calze che arriveranno a pesare il 15% del marchio Perofil».
Perdere una fetta di fatturato come quella di Zegna avrà delle ripercussioni aziendali?
«Abbiamo sempre avuto rapporti improntati alla massima trasparenza e i nostri collaboratori (i dipendenti sono 90, ndr) sono stati informati della chiusura della licenza ed è stato detto loro anche che, se non subentrerà una nuova attività, sarà necessario effettuare delle scelte. Abbiamo condiviso la stessa informazione anche con le parti sociali».

Cosa significherà?
«È tutto molto prematuro. Ora ci concentriamo sulle trattative in atto e sul lavoro di sviluppo dei progetti interni. Perofil e Bikkembergs per l’uomo e Luna di Seta per la donna restano la sostanza e l’obiettivo a tendere».
Ci sono previsioni di crescita per Perofil?
«Abbiamo chiuso il 2015 con segno più: oltre 19 milioni di euro. Per il 2016 prevediamo una lieve perdita, ma dal 2017 pensiamo di tornare a crescere».
Sta pensando a nuove aperture?
«A un concept con altri marchi del nostro settore legati all’underwear e il beachwear, in Italia».
Come imprenditore come valuta questa fase?
«Personalmente sono tranquillo e soprattutto molto sereno della scelta fatta.
Nuovi mercati?
«Sono reduce da un viaggio molto proficuo in Iran. E poi credo molto nella Russia: si riprenderà da questa fase così instabile. Poi c’è la Germania, motore dell’Europa».
Oltre a Perofil c’è Luna di Seta.
«Con una novità importante: lanciamo per la prossima estate 2017 Luna di Seta Capri, linea resortwear che risponde a un potenziamento di questo marchio di nostra proprietà, distribuito in maniera già capillare e con un target alto».
Intanto prosegue Bikkembergs: attualmente resta la vostra unica licenza.
Per ora. Siamo licenziatari dell’intimo e del beachwear uomo e kids: il mare vale l’80% del fatturato di questo marchio. Si tratta di un contratto valido sette anni, con una prospettiva di crescita importante in quanto molto alternativo a Perofil come target di consumatori.
Sarà stato un primo anno impegnativo, soprattutto dopo la notizia dell’acquisto cinese del 51% del marchio.
«Vero, non facile. Bikkembergs arrivava da una licenza con un’azienda prima in concordato e poi fallita. Questo primo anno è servito per ripartire da zero: abbiamo cambiato la distribuzione, selezionato i clienti. Siamo ora a 500, tra italiani e stranieri. Per Bikkembergs ci occupiamo di stile, produzione e distribuzione e chiudiamo il primo anno in positivo».
E la nuova proprietà cinese?
«Positivamente. Ho avuto proprio nei giorni scorsi un incontro: nominato il nuovo direttore generale che arriva da Diesel, si parla di investimenti per 60 milioni di euro. Questo dopo l’acquisto della quota del 51% per 42 milioni. E poi non dimentichiamolo: se il calcio, anche quello italiano, si fa sempre più cinese, Bikkembergs ne beneficerà. E noi con loro».
Ottimista?
«Cauto, ma ottimista. Essere imprenditori in questo curioso Paese richiede di esser sempre proiettati al futuro. Non mi chiudo a nuove prospettive di crescita».

© RIPRODUZIONE RISERVATA